Quasi 600 magistrati in pensione hanno sottoscritto una lettera per il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, perché contrari alla separazione delle carriere e chiedono che non si intervenga con una riforma. Un’altra petizione e promossa dal procuratore di Ascoli Piceno, Umberto Monti, è ha oltrepassato un migliaio di firme (527 giudici civili e penali, 471 pm e 30 magistrati tirocinanti). Mentre gli avvocati, attraverso il Consiglio nazionale forense, ritengono “che sia indifferibile il momento della separazione delle carriere dei magistrati in due ordini differenti, ossia tra magistratura giudicante e inquirente.” “Se si vuole attuare il principio costituzionale del giusto processo separare le due funzioni è indispensabile – dice il presidente del Cnf, Francesco Greco – perché altrimenti è come se l’arbitro di una partita di calcio appartenesse a una delle due squadre che si sfidano in campo. I timori espressi sui rischi di questa riforma sono assolutamente infondati, non esiste il pericolo di una magistratura assoggettata al potere esecutivo.” “Nei sistemi democratici più avanzati”, conclude Greco, “c’è separazione delle funzioni tra magistratura giudicante e inquirente. È nelle dittature che chi giudica e chi accusa appartengono allo stesso soggetto. Oggi, in Italia, il processo si celebra tra due colleghi e un estraneo: i due colleghi sono il giudice e il pm, l’estraneo è l’avvocato difensore.”
I magistrati in disaccordo
I sottoscrittori delle missive che non vogliono la separazione scrivono che per realizzarla servirebbe una riforma costituzionale che “non porterebbe alcun beneficio sul piano della rapidità ed efficacia del sistema penale”, piuttosto porterebbe “rischi concreti verso una dipendenza gerarchica del pubblico ministero dal Governo e un controllo da parte della maggioranza politica sull’esercizio dell’azione penale e sulla conduzione delle indagini”. “Oggi – si legge nell’appello – il pubblico ministero è obbligato a cercare anche le prove favorevoli all’indagato e non di rado chiedere l’assoluzione”, ma si domandano: “avverrebbe lo stesso con un pubblico ministero che si è formato nella logica dell’accusa ed è del tutto separato dalla cultura del giudice?” Nordio, è noto, ha più volte risposto a queste considerazioni e ritiene che la separazione delle carriere esiste in tutti i sistemi democratici avanzati.
Nordio: lo vogliono i cittadini
I magistrati, attivi e in pensione che contestano la riforma, sostengono che si verificherebbe anche “un indebolimento del principio di obbligatorietà della azione penale” e la “modifica della composizione del Csm con aumento della componente di nomina parlamentare, con conseguente incremento dell’incidenza della politica.” Entrambe le petizioni ricordano che “le risoluzioni europee raccomandano ai Paesi membri di prevedere e consentire il passaggio di funzioni tra pm e Giudice come uno dei meccanismi di garanzia per la necessaria indipendenza e autonomia del pubblici ministeri.” Ma il ministro della Giustizia ha più volte precisato che la separazione delle carriere “non è negoziabile” perché è nel programma di governo e va attuata per rispetto dei cittadini che ci hanno votato. E poi perché “è consustanziale al processo accusatorio”. Questa separazione, ha proseguito il ministro, “non avrà tempi brevi, perché, se si vuole farla bene, richiede una revisione costituzionale ma, se avremo la possibilità di durare per l’intera legislatura, la faremo”.