giovedì, 19 Dicembre, 2024
Cultura

“Tutte le cose che ho perso”. Storie di donne dalle carceri

Solitudini intrise di rabbia, desideri di riscatto con il retrogusto amaro della sconfitta. Negli istituti penitenziari femminili si respira un surrogato di vita: bastano le voci narranti di sette “celle” per capire che “le donne non smettono mai di raccontarsi”. Storie che si possono trovare nel libro inchiesta “Tutte le cose che ho perso” della giornalista e scrittrice Katya Maugeri. Attraverso testimonianze forti e suggestive, si passa all’analisi di argomenti inediti che sono un grido di denuncia sociale: impossibile continuare a ignorare la peculiare realtà carceraria femminile in Italia senza dar voce a chi la vive in prima linea.

“Ho lavorato molti anni come dirigente medico presso il carcere di Rebibbia – spiega il dottor Sandro Libianchi che ha partecipato al libro – che non è una sola struttura, bensì un Complesso Polipenitenziario costituito da ben quattro diverse carceri. Una di queste è la struttura femminile che è certamente la più grande sul territorio nazionale, ma anche tra le più grandi in ambito europeo. Negli anni della mia responsabilità di medico responsabile posso dire di aver visto e imparato una vastissima quantità e qualità di storie, esperienze, problemi, speranze e, purtroppo talvolta anche disperazione. Tanti ricordi e tanta umanità che hanno lasciato una traccia profonda. Una per tutte: il nido penitenziario pieno di bambini di tre anni con le madri alle quali spesso si doveva insegnare come si tiene un bambino in salute. Molte provenivano da territori dell’africa, spesso alla prima gravidanza, spinte dalla disperazione, per pochissimo denaro trasportavano carichi proibiti in Europa e senza esperienza alcuna erano immancabilmente arrestate. La pena più grande che raccontavano non era tanto quella della carcerazione, bensì la lontananza dai figli e spesso la consapevolezza che anche il padre fosse detenuto per lo stesso reato e nello stesso momento con la preoccupazione che i figli non avessero adeguata garanzia di cure e sopravvivenza stessa nei paesi di origine”.

Il libro è una vera inchiesta sociale su aspetti da troppo tempo sottaciuti o assimilati a fenomeni più generali, creando emarginazione e discriminazioni a più livelli, a partire da quella di genere. “Le donne detenute in Italia – commenta Tiziana Biolghini, Consigliera in Città Metropolitana di Roma

Capitale, delegata Pari Opportunità, Politica Sociale, Cultura, Partecipazione, Trasparenza e Anticorruzione – sono poco più del 4% del totale e i loro bisogni fanno poco rumore rispetto al frastuono delle storie maschili. La Maugeri, invece, con le sue parole ci ha fatto entrare in un universo di donne con necessità estremamente specifiche e semplici; abbiamo potuto leggere storie di una toccante profondità, che sarebbe giusto facessero breccia nelle menti dei decisori politici”.

Il libro, che sarà presentato mercoledì 11 ottobre alle 17.00 a Palazzo Valentini a Roma, è arricchito dalla prefazione del magistrato Francesco Maisto, Garante dei detenuti del Comune di Milano e della postfazione della sociologa Eleonora de Nardis. A parlarne con l’autrice, Tiziana Biolghini, Consigliera in Città Metropolitana di Roma Capitale, delegata Pari Opportunità, Politica Sociale, Cultura, Partecipazione, Trasparenza e Anticorruzione, Marco Patarnello, Magistrato del Tribunale di Sorveglianza di Roma, Sandro Libianchi, Presidente dell’associazione Co.N.O.S.C.I., Valentina Calderone, Garante delle persone private della libertà personale di Roma Capitale, Patrizia Di Cintio, Pedagogista, mediatrice del disagio penitenziario e docente, Pisana Posocco, Architetto e prof.ssa associata di Progettazione Architettonica e urbana DPT all’Università La Sapienza di Roma.

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