domenica, 17 Novembre, 2024
Politica

Sui 12 mesi del governo la forte impronta di Meloni

Un anno fa la vittoria elettorale del destra-centro

Il risultato più significativo di questo primo anno di governo del destra-centro è la crescita della leadership di Giorgia Meloni. Avversari e alleati lo hanno capito più di quanto non lascino intendere. L’underdog ha spiazzato la sinistra e ha fatto venire qualche capogiro anche ai partiti che la sostengono.

Da Meloni la sinistra si aspettava -e si spera che non si augurasse- uno sconquasso generale: liti e rotture con l’Europa, isolamento internazionale dell’Italia, conti dello Stato fuori controllo, paralisi delle riforme, una generale retromarcia sui diritti civili, una stretta sui migranti con porti chiusi e respingimenti. Così non è stato. Meloni ha dato una propria impronta personale al Governo anche forzando quelle che erano aspettative e prudenze dei suoi alleati.

Credibilità in Europa

Ha lavorato molto per scrollarsi di dosso l’immagine di sovranista anti-europea con cui era percepita, ha evitato che i rapporti con i suoi amici polacchi e ungheresi le impedissero di creare relazioni buone con Francia e Germania. Ha stretto un asse molto forte con Von der Leyen ed è oggi considerata un’interlocutrice rispettata e affidabile. Unico neo rimane il rinvio del si alla riforma del Mes. Che non dovrebbe comunque subire ulteriori ritardi.

Maggior dinamismo internazionale

Le relazioni molto solide con gli Stati Uniti, la posizione intransigente a favore dell’Ucraina, il distacco garbato ma netto dai progetti di espansione della Cina e la volontà di esprimere una politica estera organica vero l’Africa hanno sicuramente tirato fuori l’Italia dalle secche di un immobilismo diplomatico che durava da decenni.

La politica di Bilancio condizionata dal passato

Nella politica di Bilancio Meloni è rimasta sulla rotta di Mario Draghi. I conti sono in ordine, nessuna concessione a promesse mirabolanti dei suoi alleati, positivo il suo richiamo a riqualificare la spesa pubblica. La tassa sulle banche ,opportunamente rivista sul piano tecnico, è stato un gesto coraggioso e legittimo: i profitti che non derivano dalla bravura delle banche ma da una sorta di rendita di posizione dovuta al rialzo dei tassi vanno in parte messi a disposizione della collettività che paga i costi di quei profitti extra. Un errore il Governo lo ha commesso all’atto del suo insediamento: avrebbe dovuto condurre quella che si chiama due diligence, un’indagine su ciò che ereditava nel bene e, soprattutto, nel male dai governi passati. Avrebbe così potuto spiegare che per i prossimi due anni alcune decine di miliardi sono già impegnati per pagare i bonus edilizi, che le risorse per la sanità si sono andate sempre più prosciugando e che nel breve periodo il governo ha pochi margini di manovra.

Dati economici migliori delle attese

L’eredità positiva lasciata da Draghi è un’economia che cresce e che dopo un anno di governo ha ancor a un tasso di crescita superiore alla media europea. In tempi di inflazione alta e tassi altissimi è un miracolo. In più c’è un’occupazione che aumenta e che è pronta ad accogliere altri 800mila lavoratori che però non si trovano. Insomma il quadro economico è meno problematico di come viene descritto. Certo le famiglie pagano il costo dell’inflazione e vanno aiutate di più. Ma non ci sono i margini per tagliare le accise sulla benzina se si vuole confermare il taglio al cuneo fiscale.

Il governo potrebbe e dovrebbe migliorare il dialogo con sindacati e disinnescare sul nascere il rischio di una febbre sociale che in autunno tenderà a salire.

Politiche sociali meno ideologiche

Meloni ha imposto il superamento del reddito di cittadinanza e la sinistra dovrebbe prendere le distanze dalle posizioni nostalgiche del M5S e ammettere che il Governo distinguendo tra chi può lavorare e chi no, ha di fatto ripreso la filosofia del reddito di inclusione che proprio il Pd aveva anni fa timidamente lanciato. Si tratta di trovare più risorse per la formazione e per i nuclei familiari in difficoltà, questo è vero. Ma nessun rimpianto per le storture del vecchio e iniquo Rdc. Sul salario minimo il governo non si è chiuso a riccio e aspetta le indicazioni del Cnel.

Più garantismo nella Giustizia

Per quanto riguarda i diritti civili, al di là di dichiarazioni improvvide e sbagliate nei toni di alcuni esponenti della maggioranza, per ora l’unica novità è la qualifica di reato universale per la Gestazione per altri che era già vietata nel nostro ordinamento. La riforma della Giustizia è andata più a rilento del previsto ma ora pare sia in dirittura d’arrivo :è un mix di garantismo e anche di maggiore severità ma che non cede al giustizialismo che pure circola in ambienti della maggioranza. Meloni in ogni caso vuol evitare uno scontro frontale con la magistratura

La svolta sull’Immigrazione: cooperazione con l’Africa

Infine l’immigrazione. Meloni, dopo alcune incongruenze del decreto Cutro, ha intrapreso una strada coraggiosa: cercare di fare accordi con i Paesi africani per arginare le partenze. Qualcosa di simile aveva fatto in altro contesto il ministro del Pd Minniti nel 2017 . Ma pare che in quel partito se ne vergognino. La strategia di Meloni non può dare risultati nel breve periodo. L’accordo con la Tunisia era e resta buono. Avrebbe avuto migliori sviluppi se Von der Leyen avesse coinvolto anche il capo della diplomazia europea Borrell e il Presidente del Consiglio europeo Michel. Ma il Memorandum va ripreso e inserito nel più ampio Piano Mattei che dovrebbe riscrivere le regole della nostra cooperazione per lo sviluppo e diventare u modello per l’Europa.

Il ricatto elettorale europeo

Se non ci fossero le elezioni europee con la rincorsa di Salvini a sfruttare il tema dei migranti, per recuperare facile consenso, Meloni potrebbe lavorare più serenamente sull’argomento raccogliendo l’invito del Papa a non drammatizzare questo tema.

La sfida di semplificazioni e competitività

Per quanto riguarda le riforme in generale, quella del fisco è legge e si attendono i decreti attuativi, ma due sfide rimangono in piedi: la semplificazione burocratica iniziata dalla Ministra Casellati e che deve rendere la vita più facile a cittadini e imprese e la riforma della concorrenza che deve immettere più competitività nel nostro sistema produttivo di beni e servizi. Se Meloni si concentrasse su questi due aspetti l’impulso alla crescita del Paese potrebbe essere notevole.

In conclusione .Il Governo sicuramente poteva fare di più e meglio. Ma ha lavorato pensando di avere davanti 5 anni. Ora deve accelerare. La sinistra faccia un’opposizione anche dura ma costruttiva. Ma non può dire, in tutta onestà, che la Giorgia Meloni di Governo è peggiore di quella che la sinistra si aspettava.

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