martedì, 24 Dicembre, 2024
Politica

Delmastro: “Norme più severe contro i femminicidi”

Occhiello.Intervista al Sottosegretario alla Giustizia

Quella di quest’anno per le donne sarà una estate da cancellare per l’ondata di violenze che le ha viste protagoniste. La punta dell’iceberg di un fenomeno che ha già portato all’uccisione di 79 donne dall’inizio dell’anno e, nel caso degli stupri di gruppo, le vittime sono state doppiamente colpite perché sottoposte anche alla gogna social. Abbiamo chiesto al sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, in che modo il Governo interverrà.

Molte delle vittime di femminicidio avevano già denunciato l’aggressore, ma non è bastato a salvarle. Cosa non sta funzionando, la legge o l’applicazione della legge?
In alcuni casi è evidente che vi sono anche aberranti applicazioni della legge. Recentemente è stata richiesta da un PM un’assoluzione sul presupposto che la violenza facesse parte della cultura del violentatore, in quel caso è un problema di applicazione.

Mi sembra di capire che giudica malissimo la richiesta del PM di Brescia di assolvere il marito che picchia la moglie per questioni culturali?
Ripeto, mi sembra quantomeno aberrante, non appartiene alla mia cultura. Nessuno può violare la legge, qualunque sia la sua cultura di provenienza, altrimenti sdoganeremmo l’infibulazione che a casa mia rimane una pratica contro la dignità delle donne. Peraltro, non la considero neanche una politica di sinistra, in genere “accomodante”, perché vi è sottinteso un razzismo paternalistico. In verità nulla può essere scusato e bisogna usare la durezza più estrema, nessuna cultura può essere un motivo per violare le leggi italiane. Scusare qualcuno per la propria subcultura la trovo una politica criminale, folle.

Tornando alle leggi, l’Esecutivo promette un inasprimento delle norme, in che direzione sarà?
Esiste un grande tema di legge sul quale possiamo intervenire più direttamente e mi pare che con il Ddl Roccella-Piantedosi-Nordio lo abbiamo fatto, individuando una serie di “reati spia” per anticipare la tutela nei confronti della donna.

In che modo?
Rafforzando l’ammonimento da parte del questore su questi reati. Nella violenza c’è un’escalation velocissima e prima dello stalking, c’è magari il danneggiamento, la violazione di domicilio, la minaccia. Già sulla base di questi reati, chiamati minori, dobbiamo intervenire dando poteri ai questori di ammonire e intervenire. Abbiamo poi potenziato le misure di prevenzione, mutuandole dal codice antimafia, legate al divieto di dimora o all’obbligo di dimora o al divieto d’avvicinamento. Inoltre, abbiamo immaginato una velocizzazione dei processi con tempi certi a procure e a giudici per poter intervenire in fase cautelare e, soprattutto, abbiamo immaginato l’arresto in flagranza differita, cioè se lo stalking viene sotto casa mia e cerca di entrare in casa e io, per esempio, faccio un video o delle foto, quando poi viene fermato a 500 m o a 1 o 2 Km di distanza dalla vittima potrà comunque essere arrestato. Sono solo alcuni degli interventi normativi che abbiamo fatto per migliorare la legge.

Può farmi un esempio di reato “spia”?
Il danneggiamento, che è un reato minore e tale deve rimanere, perché è chiaro che io non voglio mettere in galera uno che danneggia la macchina sulla pubblica via, ma se quel danneggiamento è un “reato spia” di un uomo geloso che inizia la sua velocissima progressione criminosa verso le storie che poi magari sfociano in un femminicidio, questo atteggiamento non può essere trattato come quello da ragazzino ubriaco che esce dalla discoteca e dà un calcio allo specchietto della mia auto. È un reato spia importantissimo e, quindi, abbiamo previsto, qualora siano reati accertati, la possibilità di estendere la procedura dell’ammonimento da parte del Questore. Abbiamo anche velocizzato i processi nella parte cautelare, stabilendo tempi massimi per chiedere, da parte del PM, la eventuale misura cautelare e per accordarla da parte del Tribunale, cioè non possono passare più di 30 giorni. A volte si aspetta anche mesi e questo fa la differenza fra la vita e la morte.

Lei era d’accordo anche con la proposta della senatrice Buongiorno, che se il Pm non interviene entro tre giorni dalla denuncia l’indagine può essere avocata dal capo della Procura, è così?
Si, la condivido. La vittima del reato deve essere sentita rapidamente. Alcuni a sinistra sono riusciti anche a dire che sarebbe stata una vittimizzazione secondaria, ma se vogliamo imprimere velocità e capacità di intervento chirurgico non si può non ascoltare velocemente la vittima. Ci deve essere una procedura che consenta al Procuratore generale di avocare a sé l’indagine. A volte sentire la vittima in pochissimi giorni significa avere un quadro chiaro, quantomeno dell’insicurezza della vittima, e poter offrire aiuto e comunque comprendere la gravità dei fatti che si stanno consumando.

Davanti a questa recrudescenza di violenza contro le donne, a questo trend che non si arresta, anzi cresce, è possibile che la politica possa essere più “corale”, possa ricompattarsi?
Quest’estate ho fatto un appello per l’applicazione della procedura di urgenza al Ddl Roccella-Piantedosi-Nordio, che consentirebbe di approvarlo prima di Natale e c’è stata una risposta di disponibilità. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ceriani, ha chiesto al presidente della Camera di applicare questa procedura e mi aspetto che le opposizioni l’accolgano.

In pratica quando potrebbe essere calendarizzata?
Immediatamente, se la procedura viene adottata dalla Conferenza dei capigruppo su proposta del Parlamento o del Governo. Le Commissioni avrebbero un tempo contingentato per procedere e si potrebbe approvare entro la fine dell’anno.

Lei è ottimista, che su un tema di questo tipo si possa trovare facilmente un accordo bipartisan?
Direi di sì, c’è disponibilità stando a ciò che si legge sui giornali. Ora la palla sta lì, vediamo come si comporterà l’opposizione, ma io credo che su questi temi non debbano esistere posizionamenti all’interno del Parlamento.

L’Italia ha un problema gravissimo rispetto al gap gender, per cui stiamo andando indietro invece che andare avanti, Secondo il World economic forum siamo scivolati dal 66° posto al 79°, dopo Kenya o Georgia. Sono cose che fanno veramente riflettere. Lei non crede che quindi il problema vada affrontato a 360°, cioè anche da un punto di vista culturale, forse cominciando addirittura dalle scuole?
Sicuramente, è evidente che il tema sia culturale. Riguarda le scuole, le famiglie, il ruolo del padre il ruolo della madre, il mondo del lavoro. Ma è chiaro che l’aspetto culturale ha tempi a dir poco biblici, sono battaglie lunghe. Lavoreremo anche sul percorso culturale, io credo che già avere una donna, la prima donna, Presidente del Consiglio sia un segnale non indifferente sotto il profilo della comunicazione culturale, ma in ogni caso a noi spetta soprattutto intervenire. Bisogna tenere questo doppio binario, perché da una parte se non si appresta immediatamente una tutela di natura anche repressiva per le donne piangeremo il morto, mentre ancora parliamo della battaglia culturale. Dall’altra, non fermeremo mai la marea se non se non facciamo una battaglia culturale. Proseguire di pari passo.

Lei non sarebbe, quindi, contrario a introdurre una educazione sessuale e sentimentale nelle scuole?
Direi soprattutto sentimentale. Io credo proprio che si sia rotta la trasmissione del sapere sentimentale. A guardare i social sembra che vi sia un comportamento delle persone molto meccanico all’approccio sessuale, che depriva completamente lo stesso dell’aspetto invece affettivo.

Pensate anche di punire chi posta sui social atti di violenza sulle donne?
Stiamo già lavorando sotto questo fronte, magari introducendo un emendamento al Ddl. Oggi tutti noi, che ci piaccia o no, abbiamo una sorta di sdoppiamento della personalità, non patologico ma tecnologico, cioè abbiamo una vita virtuale e una vita reale. E allora, così come ci sono le misure cautelari che incidono sulla vita reale, dobbiamo arrivare alle nuove frontiere del diritto “virtuale”. Il blocco dei profili utenti da parte dei gestori dei social è una misura particolare che noi dobbiamo immaginare. Con quelle generalità uno non può più aprire un profilo, sia che abbia postato per primo il video sia che lo abbia ripostato.

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