Il coronavirus è ormai il protagonista assoluto di tutti i telegiornali.
Non c’è giornale che non dedichi gran parte della sua foliazione alle notizie su contagi, guarigioni e, purtroppo, decessi. A ciò occorre aggiungere l’editoria online.
Si tratta di un’attenzione dovuta: gli organi di informazione hanno il dovere di utilizzare le loro migliori energie per raccontare tutti gli aspetti connessi a questa emergenza.
Fondamentale è, soprattutto, il resoconto dell’attività posta in essere dalle autorità nazionali. Com’è noto il Cdm, su proposta dal ministro Speranza, ha individuato nella persona del prefetto Angelo Borrelli il Commissario straordinario delegato all’emergenza coronavirus, attribuendogli anche poteri molto penetranti, tra cui quello di coinvolgere le forze dell’ordine per far rispettare i divieti di ingresso e di uscita dalle cosiddette “zone rosse”, vale dire dai comuni che per motivi di sicurezza sono stati isolati.
Al di là dei rischi per la salute delle persone, c’è anche un ulteriore rischio dal quale occorre guardarsi, quello, cioè, legato alla diffusione delle “fake news”.
Con il boom dei social le “bufale” hanno assunto un peso notevole, tanto da spingere le stesse piattaforme a prevedere dei meccanismi per bloccare o oscurare i siti e gli utenti che si servono di questi strumenti per fomentare odio razziale o discriminazioni.
Il momento che sta attraversando il nostro Paese richiederebbe la massima cautela, ma non sono mancati i casi in cui sono state divulgate notizie false, il cui unico scopo è quello di creare un clima di terrore diffuso.
Ma questo è un atteggiamento assolutamente controproducente.
Non dobbiamo – e non possiamo – accettare che la paura prenda il sopravvento sulla nostra vita quotidiana, salvo limitarci ad assumere quelle misure minime che le istituzioni sanitarie ci suggeriscono.
L’epidemia, al di là del bilancio già noto, ha prodotto danni ingenti anche dal punto di vista economico. Basti pensare, tanto per fare un piccolo conto, alle imprese dei comuni di Codogno e Casalpusterlengo finiti in quarantena per ovvie ragioni, le quali, secondo i dati ufficiali, fatturano, da sole, un miliardo e mezzo di euro all’anno: è stato calcolato che ogni giorno di stop legato al Coronavirus rischia di mandare in fumo qualcosa come quattro milioni di entrate.
Se poi estendiamo la portata dei nostri calcoli, andando a ricomprendere altre zone, e alcuni settori in particolare, più legati all’import export con la Cina, ben si può comprendere quali potrebbero essere le conseguenze.
Purtroppo l’Italia non ha una economia solida; in termini pratici questo significa che se l’epidemia e la pura non si fermeranno pagheremo un prezzo altissimo in termini di perdita di Pil e di posti di lavoro.
Con un governo debole, peraltro ulteriormente fiaccato dalle “bizze” dell’ex premier Renzi, sarà molto difficile mantenere la barra dritta, salvo che tutte le forze politiche mettano, per una volta, da parte le divisioni ideologiche e/o post-ideologiche per salvare l’economia. In questo caso il “vaccino” sarebbe formato da unità e coesione, due componenti da tempo assenti nel panorama politico italiano…