Non c’è democrazia senza chiarezza delle norme e della burocrazia.
Eppure in Italia il linguaggio sia delle leggi sia della Pubblica amministrazione è spesso una selva oscura in cui è facile perdersi per chiunque, soprattutto per i cittadini chiamati spesso a districarsi tra regole intricate e a compilare moduli incomprensibili.
Ha fatto bene la Ministra della Funzione Pubblica Fabiana Dadone a firmare un accordo con l’Accademia della Crusca per rendere più chiaro il linguaggio della Pubblica amministrazione: ci sarà una direttiva che farà da guida alla stesura dei testi dei moduli e i funzionari saranno formati attraverso webinar per migliorare le loro tecniche di scrittura.
Non è la prima volta che questo problema viene affrontato. Se ne occuparono in passato gli ex ministri Sabino Cassese e Franco Frattini.
20 anni fa una importante legge introdusse norme e figure professionali sulla comunicazione pubblica. Ma, come tutte le leggi, essa è stata attuata solo parzialmente sia pur con qualche apprezzabile miglioramento rispetto al passato.
Siamo certi che gli accademici della Crusca, che hanno l’ultima parola sull’uso della nostra lingua, aiuteranno la burocrazia ad esprimersi meglio. Ma questo non basterà.
Il problema principale è l’orientamento verso i cittadini che deve cambiare. La Pubblica amministrazione è ispirata dal rispetto di norme, procedure linguaggi spesso farraginose che non tengono conto degli effetti di tutto questo sui destinatari del “servizio” della PA, cioè i cittadini.
Suggeriamo alla Ministra Dadone di far svolgere dei webinar per dirigenti e funzionari della PA dedicati alla soddisfazione del cliente, organizzati da esperti di marketing.
La Pubblica amministrazione fornisce dei servizi in condizioni di monopolio, come è ovvio, ma questo non significa che non debba tener conto dell’effettivo gradimento da parte degli utenti, che a siamo tutti noi che la paghiamo con le tasse. L’ex Ministro Brunetta aveva introdotto un sistema di valutazione rapido dei servizi basato sulle faccine. Si potrebbe andare oltre e introdurre meccanismi più oggettivi di valutazione affidati a società esterne alla PA, da utilizzare anche come base per la valutazione dei dirigenti degli uffici.
Ma chi avrebbe bisogno di un intervento dell’Accademia della Crusca è anche il Parlamento.
La qualità della nostra legislazione non è elevata. Provate a leggere un testo e a capirlo senza smarrirvi tra rimandi ad articoli e commi di altre leggi, uso di terminologie improprie, costrutti funambolici delle frasi, etc.
Dal 1997 esiste alla Camera dei Deputati un Comitato per la legislazione che esprime pareri su:
- qualità del testo legislativo;
- omogeneità, semplicità, chiarezza e proprietà della formulazione;
- efficacia per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente.
Per la verità non si sono visti grandi risultati dopo l’introduzione di questo Comitato. E il motivo è molto semplice. Esso è composto da 10 parlamentari, 5 della maggioranza e 5 dell’opposizione. Non sappiamo se questi parlamentari vengano scelti per particolari competenze nel drafting normativo, nella conoscenza complessa dell’ordinamento e, soprattutto, nelle tecniche di comunicazione.
Le leggi devono essere scritte non solo in modo coerente con altre norme esistenti, ma devono essere comprensibili. Se la legge non ammette ignoranza, la legge deve essere anche chiara e mettere il cittadino in condizione di comprenderla senza bisogno di conseguire una laurea in Giurisprudenza o di spendere ogni volta soldi per consulenze legali.
Purtroppo non è così. E allora suggeriamo ai Presidenti di Senato e Camera di fare come la Ministra Dadone: coinvolgere gli accademici della Crusca nella valutazione preventiva sulla qualità della legislazione. Si potrebbe integrare il Comitato per la legislazione con accademici della Crusca, giuristi di grande fama e comunicatori di vaglia. Così, insieme, potrebbero riscrivere i testi normativi all’esame del Parlamento, senza alterarne il contenuto, ma rendendoli più comprensibili e accessibili al popolo.
Strano che i tantissimi populisti che affollano le aule parlamentari non si pongano il problema se “il popolo”, cui si appellano con insistenza, capisca effettivamente cosa c’è scritto nelle leggi che i populisti approvano…