venerdì, 22 Novembre, 2024
Società

Previdenza complementare siamo al 12° posto nell’Ocse

La previdenza complementare si è consolidata, resistendo a scenari avversi e raggiungendo anche una dimensione internazionale di tutto rispetto. Il 2022 ha fortemente risentito delle crisi geopolitiche, inflazione e della guerra russo-ucraina; mentre il 2023 dovrebbe caratterizzarsi come un anno di parziale recupero, “anche se non facile.” Crescono intanto anche gli investimenti in economia reale nazionale, anche perché negli ultimi 15 anni il patrimonio degli investitori istituzionali è quasi raddoppiato: da 142,85 miliardi di euro del 2007 a 278,75 miliardi del 2022, con un incremento del 95 per cento. L’Inps, però, “dovrebbe poter liberare i Tfr”. Sono questi i trend e i suggerimenti più significativi del decimo report annuale di Itinerari previdenziali “Investitori istituzionali italiani: iscritti risorse e gestori per l’anno 2022”, presentato ieri, a Borsa Italiana a Milano.

Riformare fondo garanzia Pmi

In percentuale del Pil, il patrimonio di fondi pensione negoziali e preesistenti, casse privatizzate, fondazioni di origine bancaria e forme di assistenza sanitaria integrativa è pari al 14,6 per cento e con anche il welfare privato il rapporto aumenta al 51 per cento. Di questi, circa l’80 per cento è affidato a gestori professionali. Per la sola previdenza complementare nella classifica per patrimonio dei fondi pensione stilata dall’Ocse, su 38 Paesi l’Italia occupa il 12esimo posto preceduta dagli inarrivabili Usa, Regno Unito, Australia, Olanda, Canada, Giappone e Svizzera. Alberto Brambilla, presidente di “Itinerari previdenziali”, sostiene che “se si considera che il rapporto tra il patrimonio dei fondi pensione e il Pil è pari al 9,7 per cento – quando in molti altri Paesi supera il 50 per cento – risulta evidente come il nostro sia un mercato già molto interessante.” Le potenzialità, però, andrebbero sostenute, aggiunge Brambilla “con riforme sul fondo di garanzia per le microimprese e le Pmi – eliminato dal governo Prodi/Damiano nel 2007 – e la revisione fiscale prevista nella delega.”

Rendimenti: battuta d’arresto

Il report è una miniera di dati e può essere consultato, come i precedenti, sul sito di Itinerari Previdenziali. In sintesi, al 2022 si contano, in Italia, 330 player istituzionali operativi tra fondazioni bancarie (86), casse professionali (20), fondi negoziali (33) e fondi preesistenti (191). A questi si aggiungono 321 casse e fondi di assistenza sanitaria integrativa, che dovrebbero essere razionalizzati “come è accaduto ai preesistenti fondi pensione (-13 nel 2022).” Nel settore privato, in totale, gli investitori istituzionali sono 108 unità; quattro in meno rispetto ai 112 del 2021 e in netta riduzione rispetto ai 135 del 2012. Dal punto di vista dei rendimenti, il 2022 è stato un anno particolarmente penalizzante per i mercati finanziari sottoposti alle tensioni geopolitiche. Un dato per tutti dai fondi pensione: i rendimenti conseguiti non hanno consentito di battere, per la prima volta dopo molti anni, i parametri obiettivo e, in particolare, il benchmark di riferimento, cioè il Tfr, che ha fatto segnare un +8,3 per cento, di fatto l’inflazione (+8,1 per cento).

Tfr: lasciarlo alle imprese

Infine, anche per il 2022, le fondazioni di origine bancaria si riconfermano i maggiori investitori nell’economia domestica, con circa il 44 per cento del patrimonio investito. Seguono le casse privatizzate dei liberi professionisti, con il 18 per cento circa, mentre si conferma modesta la quota investita nel Paese da parte di fondi pensione negoziali e preesistenti, che si fermano rispettivamente al 4,7 per cento e al 3,11 per cento del patrimonio. Per poter contare su più circolante nell’economia reale, suggerisce Brambilla, andrebbe eliminato il “fondo di tesoreria Inps” che dal 2007 al 2022, ha sottratto all’economia reale oltre 92,4 miliardi di euro per finanziare la spesa corrente: “il Tfr andrebbe lasciato alle imprese o ai fondi, ripristinando il fondo di garanzia istituito dal D. Lgs. N. 252/05 per facilitare il finanziamento delle Pmi che versano il Trattamento di fine rapporto ai fondi pensione.” Dal 2007 alla fine del 2021 ai fondi pensione sono confluiti circa 89,4 miliardi e di questi ne sono stati investiti in economia reale domestica meno della metà applicando le stime più favorevoli. “Una situazione critica e preoccupante”, conclude Brambilla, “che ha ampie e negative ripercussioni sia sull’occupazione sia sulla produttività, contribuendo alla bassa crescita del nostro Paese”.

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