giovedì, 26 Dicembre, 2024
Energia

Le energie rinnovabili non decollano, troppe regole restrittive

Gli operatori: consumo suolo falso problema, l'agrivoltaico la soluzione

Dieci anni fa per costruire un impianto fotovoltaico dalla potenza di un solo megawatt era necessario utilizzare una superficie di 2,2 ettari; oggi la stessa potenza si ottiene con un parco fotovoltaico di 1,2 ettari. Il vantaggio di minore consumo di suolo si traduce in una maggiore disponibilità di superficie da destinare agli impianti, oppure – a seconda dei punti di vista – in una minore necessità di utilizzare ampia estensione di terreni. Per raggiungere l’obiettivo dei 70 GW di rinnovabili in Italia basterebbe impiegare lo 0,06% della superficie agricola totale (circa 16,5 milioni di ettari), ovvero terreni non utilizzati a fini produttivi perché abbandonati o poveri a livello agronomico. Lo sostiene l’Associazione Gis, Gruppo Impianti Solari, che però lamenta il fatto che nel nostro Paese “le energie rinnovabili non decollano.”

GIS: bozza decreto non va bene

Secondo Gis, per arrivare all’obiettivo di 80 GW di rinnovabili fissato al 2030, il nostro Paese dovrebbe realizzarne circa altri 40, dato che 39,5GW sono già installati. Questo significa che è necessario generare più di 5 Gw di capacità rinnovabile all’anno per i prossimi 7 anni. Nel 2022 la capacità installata è stata pari a 3 Gw, il doppio rispetto al 2021, e nella prima metà del 2023 è quasi 2,5 Gw, confermando il trend in rilevante crescita. Tra l’altro sono anche diminuiti, di molto, i costi: un pannello è passato da circa 3 euro a watt agli attuali 0,20 – 0,30 euro a watt. Il Ministero dell’Ambiente sta lavorando a un Decreto Aree Idonee in collaborazione con le Regioni, ma la bozza in circolazione, sostiene il Gruppo Impianti Solari, “è stata ampiamente contestata” per le restrizioni sull’estensione di terreno effettivamente utilizzabile per un impianto su area idonea. Ora si è ritornati di nuovo a rivedere la normativa proposta che gli operatori chiedono diversa da quelle regionali, che erano limitative per la realizzazione di nuovi impianti proprio in ragione del tentativo di evitare consumo di suolo fertile. “Se ciascuna Regione”, propone Gis, “stabilisse un’obbligatorietà per tutti i Comuni di dedicare il 3% del loro territorio all’istallazione di rinnovabili, si risolverebbero molti problemi autorizzativi all’origine. Ogni Comune indicherebbe le aree non idonee per questioni di vincoli archeologici, paesaggistici, faunistici ecc, e su tutte le altre aree si applicherebbe l’iter semplificato di autorizzazione che deve comunque passare il vaglio degli enti competenti”.

Usiamo terreno incolto

“Quello del consumo di suolo” osserva il GIS, “è un falso problema: ipotizzando di realizzare 5 Gw all’anno di solo fotovoltaico, servirebbe una superficie di 10.000 ettari da dedicare agli impianti. L’attuale superficie agricola totale in Italia è 16,5 milioni di ettari. Ciò significa che per installare 5 Gw annui di fotovoltaico basterebbe impiegare lo 0,06% della superficie agricola totale. In 10 anni si tratterebbe dello 0,6% del territorio agricolo nazionale. Per farlo è sufficiente andare a coinvolgere solamente i terreni attualmente incolti e inattivi che in Italia sono 3,5 milioni di ettari. Dove possibile, invece, l’agrivoltaico permette di coniugare la produzione agricola – solo per certi tipi di colture – con la produzione di energia, azzerando il consumo di suolo.” Questo è il motivo per il quale gli operatori sono contro i vincoli sulle percentuali massime di terreni sui quali si possono installare impianti di fotovoltaico.

No regole controproducenti

Il Presidente di Gruppo Impianti Solari, Raffaello Giacchetti, spiega che “di imprese italiane competenti che progettano impianti virtuosi in aree agricole inutilizzate e prive di pregio ce ne sono, tra cui tutte le associate GIS.” “La loro competenza e correttezza, unite a quelle delle istituzioni preposte a dare l’autorizzazione nel rispetto della legge e sulla base di criteri tecnici oggettivi”, continua, “rendono superflue normative e mappature che complicano il quadro autorizzativo senza portare beneficio a un settore cruciale per lo sviluppo del nostro Paese. Se proprio i legislatori desiderano introdurre nuove regole, che almeno non risultino controproducenti”.

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