mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Economia

Ocse: nel 2024 crescita +1,5%. Ma serve ancora la stretta Bce

Promossa la politica monetaria della Bce, ritenuta “appropriata”, ma è consigliato “mantenere un orientamento di politica monetaria restrittivo.” Lo sottolinea l’Ocse che nel Rapporto di 143 pagine, Economic Surveys: European Union and Euro Area 2023, analizza l’andamento dell’economia dei paesi europei e fa previsioni per il futuro. “Un nuovo shock dei prezzi dell’energia potrebbe portare a un’altra impennata dei prezzi al consumo, rendendo necessario un ulteriore inasprimento della politica monetaria smorzando la crescita”, si legge nel documento.

Le stime

Secondo le proiezioni, l’inflazione annua nell’area dell’euro dovrebbe scendere dall’8,3% nel 2022 al 5,8% nel 2023 e rimanere al di sopra del 3% nel 2024. L’inflazione core (esclusi i prezzi energetici) si prevede che scenda al 5,4% nel 2023 e al 3,6% nel 2024. E quindi, secondo gli esperti dell’Organizzazione per lo sviluppo economico, si renderebbe necessario “mantenere un orientamento di politica monetaria restrittivo, secondo le necessità e in funzione dei dati, per assicurare che le aspettative di inflazione rimangano saldamente ancorate e che l’inflazione si riduca in modo duraturo verso il suo obiettivo di medio termine.” “Le dimensioni e la durata della restrizione monetaria sono incerte” riguardo l’obiettivo di portare l’inflazione al 2%.

La politica monetaria, dunque, “deve rimanere restrittiva fino finché le pressioni inflazionistiche sottostanti non saranno diminuite in modo duraturo”. Un assist per i falchi del prossimo Consiglio della Bce, previsto per il 14 settembre, che potrebbe decidere un aumento dei tassi. La presidente Christine Lagarde, intanto, vira sulla comunicazione e spiega “quanto sia fondamentale non solo intraprendere azioni decisive per ridurre l’inflazione, ma anche comunicare in modo efficace per garantire che le aspettative di inflazione a medio termine rimangano ancorate durante il processo.”

Non c’è solo l’inflazione
Ma non c’è soltanto l’inflazione: per la zona Euro è prevista anche una crescita dello 0,9% per quest’anno, che salirà all’1,5% nel prossimo. E dunque contemperare l’insieme potrebbe anche portare a una posizione attendista da parte della Bce.

La dinamica dell’inflazione è sicuramente l’elemento cruciale, ma anche la traiettoria dell’economia, occupazione e produzione contano.  La spinta più forte resta quella restrittiva, alzare i tassi, ma i governi dovrebbero manovrare politiche fiscali per non alimentare ancora l’inflazione. La politica dei governi deve “diventare più mirata”, scrivono da Parigi, con obiettivi redistributivi e anche l’uso del Pnrr dovrebbe essere orientato a “minimizzare il rischio di stimolare troppo l’economia” per non infiammare i prezzi. Klaas Knot, ‘falco’ olandese del board Bce, ha detto che un ulteriore rialzo dei tassi d’interesse è una “possibilità ma non una certezza.” Più morbida la ‘colomba’ francese Francois Villeroy de Galhau: “Le nostre opzioni sono aperte.” Mentre lo slovacco Peter Kazimir, ritiene che “un altro ritocco è necessario e sarebbe preferibile attuarlo a settembre per poi fermarsi, piuttosto che prendersi una pausa per poi agire a ottobre o dicembre.”

Tassi, probabile stretta
L’Ocse, anche riguardo le politiche ambientali, suggerisce decisioni “meeting dopo meeting”; ovvero senza percorsi rigidi e prestabiliti. Politiche troppo restrittive per abbassare l’inflazione potrebbero “comportare perdite di produzione”, così come politiche espansive finirebbero per alimentare altra inflazione. Tra l’altro, spiega il rapporto Ocse, il “calo dell’inflazione sembra improbabile senza una corrispondente crescita nel breve periodo del tasso di disoccupazione”, ma la disoccupazione, in Europa, è ai minimi storici. Insomma tutto sembra andare per una conferma “più” restrittiva da parte della Bce, ma i fattori in campo sono tanti: ad esempio il prezzo del petrolio che ha ricominciato a oscillare verso l’alto; in questi giorni ha toccato quasi i 90 dollari al barile dopo i tagli alla produzione di Arabia Saudita e Russia. Il gas è più piatto, a 33,79 euro al megawattora. Le borse temono una recessione e così virano verso i ribassi: ieri hanno scontato il dato sugli ordini all’industria tedesca di luglio (-11,7% a luglio). Infine, non ultimo, il rimprovero da parte dell’Ocse sugli aiuti di stato. “Il mercato unico crea eque condizioni di concorrenza e offre alle aziende possibilità di crescita e innovazione. Aiuti pubblici come, ad esempio, le sovvenzioni possono giustificarsi ma dovrebbero essere concesse senza falsare la concorrenza a beneficio di imprese situate nei Paesi che dispongono di risorse di bilancio più importanti.”

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