Non c’è spazio per mance e mancette, né per una pioggia di microspese. La legge di Bilancio dovrà essere rigorosa ma senza lagrime e sangue. Non dovrebbe prevedere tagli ma solo riqualificazione delle spese per orientarle verso le scelte strategiche del governo. Esse puntano soprattutto a confermare il taglio del cuneo fiscale e a sostenere le famiglie più deboli.
I margini sono molto ristretti. Anche perchè, nel frattempo, continua a pesare l’aumento del prezzo dei carburanti, aggravato dai tagli decisi da Arabia saudita e Russia alla produzione di petrolio. Un aumento che si riverbera sui costi legati al trasporto delle merci che in Italia avviene in larga parte su gomma. L’inflazione potrebbe risentirne.
Meloni ha un asse di ferro con il Ministro Giorgetti e insieme devono tenere la rotta resistendo alle pressioni che vengono anche dall’interno della maggioranza. Il deficit al 3,7 % è una linea invalicabile per non irritare l’Europa e per poter essere credibili nelle richieste di modifica al Patto di stabilità.
Il peso maggiore che grava sui conti dello Stato è quello relativo ai bonus edilizi e in particolare al Superbonus 110%.
Le opposizioni difendono quella scelta del Governo Conte e i 5Stelle si affannano a dire che questa polemica del Governo è strumentale. A loro dire il Superbonus avrebbe fatto miracoli. In realtà la misura è stata concepita male, e gestita peggio. Già Draghi aveva messo in guardia sui danni che questo intervento avrebbe provocato sui cobi dello Stato.
Uno studio dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica dimostra che il contributo del Superbonus alla crescita è stato irrisorio. Nel 2021, quando il Pil è cresciuto del 7%, l’apporto del Superbonus non è stato superiore allo 0,5%. Nel 2022, su una crescita del 3,7% la parte attribuibile al provvedimento di Conte è stato dello 0,9%.Poca cosa rispetto all’enorme costo per lo Stato. Secondo uno studio dell’Enea dal 2020 a tutto il 2022 il Superbonus è costato 68,7 miliardi, ha attivato 62,5 miliardi di investimenti e portato nelle casse dello Stato circa 14 miliardi di maggiori imposte e contributi sociali. Con una perdita di almeno 40 miliardi per lo Stato.
Se a questo si aggiunge che la riqualificazione del patrimonio edilizio ha riguardato solo il 2% del patrimonio edilizio e che in gran parte di tratta di abitazioni dei centri storici e di famiglie co reddito medio alto, si capisce quanta propaganda ci sia ancora adesso su questo argomento. I danni del populismo durano nel tempo e la demagogia è dura a morire.