Di giovani si parla tanto, soprattutto in campagna elettorale, ma l’Italia fino a poco tempo fa era l’unico Paese europeo a non averne una rappresentanza istituzionale. Ne abbiamo parlato con la presidente del Consiglio Nazionale Giovani, Maria Cristina Pisani, già portavoce politico del Partito Socialista Italiano e vice presidente dell’AFEM, l’Associazione delle donne dell’Europa del mediterraneo.
Anche il nostro Paese finalmente ha un ente pubblico per le istanze giovanili. Quando è nato e quali sono le sue finalità?
Il Consiglio nasce con la Legge di bilancio del 2018 come prosieguo del Forum nazionale dei giovani. La differenza può sembrare sottile, in realtà è sostanziale, perché il Consiglio ha una vera funzione consultiva presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Esprimiamo pareri e formuliamo proposte sulle politiche giovanili da mettere in campo, con il vantaggio di farlo non soltanto per mezzo della rilevazione di dati e studi tecnici, ma anche attraverso la raccolta delle istanze del mondo giovanile. Il Consiglio ha anche il compito di elaborare studi sulla condizione giovanile e di favorire la costituzione a livello locale di organi di consultazione. In pratica si tratta di una piattaforma che riunisce tutte le associazioni giovanili nazionali. Parliamo di una platea di circa 4 milioni e mezzo di giovani.
Un buon traguardo, ma, come dicevamo, ci arriviamo un po’ in ritardo…
Effettivamente l’Italia era uno degli ultimi stati membri Ue, eccetto la Bulgaria e qualche altro Paese dell’Est, a non avere un Consiglio nazionale dei giovani, organismo previsto a livello nazionale in tutti i Paesi dell’Unione, all’interno della quale hanno una precisa funzione. La Commissione Europea porta avanti un processo che si chiama “dialogo della UE con i giovani”, che serve a raccogliere le istanze da inserire nelle programmazioni settennali della Commissione in tema di politiche giovanili europee.
Un ruolo di tutto rispetto, che il nostro Consiglio è già in grado di svolgere?
Nell’ultimo processo Ue, dedicato alla transizione ecologica, l’Italia ha dimostrato di essere tra le più proattive. Quello che sicuramente ancora manca è una Legge Quadro che rafforzi soprattutto la funzione consultiva, ma ci stiamo lavorando con il Ministro per lo Sport e per le Politiche giovanili, Andrea Abodi, che si è dimostrato molto sensibile alla questione. Pensiamo che possa essere già discussa entro il 2024.
Quindi l’ente fa capo al Ministro Abodi?
Sì, come in tutti i Paesi Europei il Consiglio lavora con l’autorità politica delegata e, nel nostro caso, trattandosi di un Ministero senza portafoglio, anche con il Dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Come avviene esattamente questo incrocio tra istituzioni e giovani?
Senza la legge quadro mancano ancora i meccanismi di consultazione strutturata delle giovani generazioni e una vera partecipazione ai processi decisionali come invece accade a livello europeo. Non esiste una obbligatorietà da parte della Presidenza del Consiglio di tenere conto delle nostre proposte e quindi è tutto molto regolato dalla volontà politica di ascoltarle. Già durante il Governo Conte II abbiamo avviato una discussione con la Presidenza per cercare, a prescindere dalla funzione del Consiglio Nazionale, di strutturare la partecipazione dei giovani attraverso dei meccanismi definiti di consultazione come fa la Commissione Europea. Ma le Politiche giovanili sono materia molto complessa, anche perché concorrente.
Possiamo quindi dire che è ancora un percorso in divenire, più sulla carta che reale?
No, perché in realtà abbiamo già raggiunto alcuni obiettivi concreti, incidendo su alcune pianificazioni del PNRR. I finanziamenti in generale per i giovani erano molto bassi e siamo riusciti ad aumentarne le percentuali e inserire alcune progettualità specifiche. Sono stati aumentati, ad esempio, i fondi per la povertà educativa oppure sono state create delle strutture come noi avevamo proposto sull’esempio della Apple Academy, che oggi sono in grado di unire la formazione, il mondo delle imprese e le autorità territoriali. Abbiamo anche contribuito al finanziamento del fondo affitti e al mutuo giovani.
Qual è la più grande preoccupazione dei ragazzi tra i 16 e i 34 anni di cui vi occupate?
Resta sempre il lavoro. Dalle nostre rilevazioni decrescono i contratti a tempo determinato a favore di quelli atipici e un ragazzo su quattro nel 2021 ha percepito sui 5.000 euro. Salari bassi e lavoro precario non permettono una vera emancipazione, con gravi ricadute anche sul trattamento pensionistico. Noi stiamo spingendo per una pensione di garanzia per i giovani per coprire i periodi di formazione o di inattività o di scarsa retribuzione, altriment