giovedì, 21 Novembre, 2024
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Stress idrico, 4 miliardi di persone a rischio sete

World Resources Institute: la domanda di acqua supera l'offerta

Chi l’acqua la disperde, chi la cerca e non sempre la trova. Il mondo sarà sempre dipendente dalla fonte primaria e insostituibile, l’acqua. Di fronte ad uno stress idrico che può velocemente trasformarsi in sete il mondo rischia conseguenze inimmaginabili.
In questo scenario di consumi spesso scellerati e carenze drammatiche l’Italia è quarantunesima in un classifica preoccupante: quella dello stress idrico. Ovvero dei Paesi nel mondo che utilizzano quasi tutta la propria disponibilità di acqua con il rischio di rimanere all’asciutto. Sono 4 miliardi le persone che vivono in territori con “stress idrico elevatissimo” e che almeno un mese all’anno non hanno acqua. Senza interventi rischieranno la sete cronica. Secondo i nuovi dati di Aqueduct Water Risk Atlas del World Resources Institute 25 Paesi affrontano ogni anno uno stress idrico ”estremamente elevato”.

Domanda supera l’offerta

Lo studio dimostra che in tutto il mondo, la domanda di acqua sta superando quella disponibile. Dal 1960 la domanda è più che raddoppiata per la crescita della popolazione e a causa dell’aumento del numero di industrie come l’agricoltura irrigua, l’allevamento, la produzione di energia e l’industria manifatturiera. Un Paese in “stress idrico estremo” significa che utilizza almeno l’80% della sua fornitura disponibile mentre lo “stress idrico elevato” significa che sta ritirando il 40% della sua fornitura.

Cinque paesi con più carenze

I cinque Paesi con il maggior stress idrico sono Bahrain, Cipro, Kuwait, Libano, Oman e Qatar e la loro condizione è determinata soprattutto dalla scarsa offerta. Un persistente livello elevato di stress idrico caratterizza gli stati mediorientali e africani oltre al Cile, Belgio e Grecia, San Marino e Cipro che resiste grazie al massiccio ricorso ai dissalatori. Anche l’Italia non è messa benissimo: si piazza 41esima, tra il gruppo dei Paesi a stress idrico elevato. Preceduta dall’Afghanistan e seguita dal Kirghizistan. Entro il 2050, scrive il Wri, si prevede che “un ulteriore miliardo di persone” vivrà con uno stress idrico estremamente elevato, anche se il mondo limiterà l’aumento della temperatura globale da 1,3 gradi centigradi a 2,4 gradi.

Domanda globale in aumento

Si prevede che la domanda globale di acqua aumenterà dal 20% al 25% entro il 2050, mentre il numero di bacini idrografici che devono affrontare un’elevata variabilità di anno in anno o forniture idriche meno prevedibili dovrebbe aumentare del 19%.

Cattivi esempi, Iran e India

Per il Medio Oriente e il Nord Africa, questo significa che entro il 2050 l’intero popolazione vivrà con uno stress idrico estremamente elevato che causerà instabilità politica e migrazioni. Il Wri riporta il caso dell’Iran dove decenni di cattiva gestione e uso insostenibile dell’acqua per l’agricoltura stanno già causando proteste e tensioni. Intanto, nei Paesi ricchi la domanda di acqua si è stabilizzata. In Nord America e in Europa gli investimenti nell’efficienza dell’utilizzo dell’acqua hanno contribuito a ridurre il consumo idrico interno. Ma la scarsità d’acqua, anche temporanea, può portare a blocchi industriali, interruzioni di energia e perdite di produzione agricola; come quelle già osservate in India, dove la mancanza di acqua per raffreddare le centrali termoelettriche tra il 2017 e il 2021 ha comportato una perdita di energia di 8,2 terawattora: abbastanza elettricità per alimentare 1,5 milioni di famiglie indiane per 5 anni.

A rischio riso, grano e mais

Secondo la Global Commission on Adaptation, “la mancata attuazione di migliori politiche di gestione dell’acqua potrebbe comportare perdite del Pil dal 7% al 12% in India, Cina e Asia centrale e del 6% in gran parte dell’Africa entro il 2050. Già il 60% dell’agricoltura irrigua del mondo si trova ad affrontare uno stress idrico estremamente elevato, in particolare le piantagioni di canna da zucchero, grano, riso e mais. Ma per nutrire i 10 miliardi di persone previsti entro il 2050, il mondo dovrà produrre il 56% in più di calorie alimentari rispetto al 2010, e dovrà farlo affrontando l’aumento dello stress idrico e i disastri climatici come siccità e inondazioni.

Stress non è “crisi idrica”

Il Wri fa notare che “è utile comprendere lo stato della domanda e dell’approvvigionamento idrico mondiale”, ma lo stress idrico non porta necessariamente a una crisi idrica. Ad esempio, luoghi come Singapore e la città americana di Las Vegas dimostrano che le società possono prosperare anche nelle condizioni di scarsità d’acqua impiegando tecniche come la rimozione dell’erba assetata d’acqua, la desalinizzazione e il trattamento e il riutilizzo delle acque reflue. Il Wri invita ogni Paese del mondo a attivarsi perché lo stress idrico non diventi crisi idrica.

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