Secondo quanto emerge dalla ricerca “Università e Imprese per lo sviluppo dei talenti”, realizzata da Randstad e Fondazione per la Sussidiarietà (FpS), presentata oggi al Meeting per l’amicizia fra i popoli di Rimini, piu’ dei tre quarti dei laureati in Italia trova lavoro entro un anno, ma le aziende oltre al diploma richiedono sempre più competenze digitali e “soft skills” (almeno una su cinque). Il 70% delle offerte di lavoro per laureati sono concentrate al Nord. Le imprese puntano, in particolare su 116 profili ad elevata richiesta, che fanno capo a 5 macroaree. Molto ricercati account manager, responsabili logistica e distribuzione ed esperti contabili. Lo studio analizza la domanda di lavoro di laureati negli annunci online del 2022 e le strategie di sviluppo dei talenti delle imprese italiane.
Laurea e occupazione
“La quota dei laureati tra i 25 e i 34 anni in Italia è tra le più basse nei paesi OCSE, eppure l’indagine ribadisce che una laurea in Italia oggi è ancora un importante fattore di protezione dall’inoccupazione. È fondamentale, quindi, introdurre azioni concrete per contrastare la dispersione scolastica e incentivare i giovani a proseguire gli studi. La ricerca evidenzia poi l’esistenza di molte professioni “in comune” in uscita da percorsi di laurea molto diversi, per una similarità di competenze. È importante, di fronte alla scarsità di talenti del mercato unita alle tendenze demografiche allarmanti, che le aziende valutino i profili da inserire a partire dalle reali competenze possedute dai candidati, oltre che dal titolo di studio”, commenta Marco Ceresa, Group CEO di Randstad Italia.
Soft skill
“La ricerca conferma che gli studi universitari sono un volano per l’accesso al mondo del lavoro”, afferma Giorgio Vittadini, Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà. “Nelle selezioni le aziende guardano ai voti, al percorso accademico, ma sempre di più allo sviluppo di competenze trasversali e soft skill come: l’apertura mentale, la capacità di collaborare, la sicurezza, la resilienza, la creatività, la flessibilità, il problem solving. In un mondo del lavoro in cui l’obsolescenza dei mezzi di produzione, delle tecniche, dell’organizzazione aziendale è rapidissima, puntare sulle soft skill sarà strategico perché permetterà di continuare a “imparare a imparare”, ha aggiunto.