Una riforma fiscale che passa con un ampio consenso è più credibile per i cittadini che non devono percepirla come una serie di ingiustizie e di favori fatti a pochi a danno di molti.
“Si governa anche dall’opposizione e non solo dalla maggioranza”.
Lo confidava, nel 1977, Ugo La Malfa ad Alberto Ronchey nell’intervista sul non-governo. Una riflessione che torna di attualità dopo il sì del Terzo Polo alla delega fiscale.
Non è irrilevante che su un passaggio cruciale per la politica del Governo le opposizioni vadano in ordine sparso. Attesa da 50 anni, la riscrittura delle regole fiscali era una cartina di tornasole per testare la compattezza dei partiti che non hanno votato la fiducia al Governo. E invece il sì di Italia viva e di Azione segna un punto pesante a favore di Meloni. Nel motivare il sostegno alla delega fiscale l’esperto del Terzo Polo, Marattin ha spiegato che questa riforma è in continuità con quella delineata dal Governo Draghi, “I principi di riforma dell’Irpef, della tax expenditure, dell’Iva, di abolizione e sostituzione dell’Irap, di tassazione dei redditi finanziari, la semplificazione dell’Ires, sono gli stessi e rappresentano un patrimonio di tutti. Ci sono, è vero, anche cose che non ci convincono del tutto come la flat tax incrementale, grazie a noi sostituita dalla detassazione dei premi di produttività”
Draghi godeva del sostegno di Pd e 5S e non beneficiava di quello di Fratelli d’Italia. Il Terzo Polo, insomma, fa capire che Schlein e Conte non sono coerenti con scelte precedenti. Ma il semaforo verde di Italia viva e Azione non è senza condizioni.
La legge delega andrà tradotta entro 24 mesi in una serie di decreti legislativi che le Commissioni parlamentari dovranno ampiamente discutere e su cui dovranno esprimere pareri. È in quella sede che il Terzo Polo – se ci sarà ancora – spera di poter essere un interlocutore della