L’Italia detiene il triste primato della povertà: secondo le rilevazioni dell’Istat, per l’anno 2022, il nostro Paese si pone al di sopra della media europea con il 24,4%, ovvero con 14,3 milioni di persone a rischio.
Cause della povertà
Il fattore povertà è considerato per il 4% della popolazione di natura fisiologica, dipendendo da problemi psicofisici o da eventi dannosi (perdita della salute o del lavoro o della famiglia – si pensi ai separati, i nuovi poveri); senza escludere altre situazioni che rendono incidono sullo stato di povertà come il gioco d’azzardo, le tossicodipendenze o alcoldipendenze.
Analisi da fare
Per comprendere appieno la situazione attuale sarebbe anzitutto necessaria una scomposizione dei dati per capire la “distribuzione” della povertà economica. In seconda ipotesi, occorrerebbe analizzare la provenienza e composizione delle famiglie con minori consumi; considerare i maggiori livelli di povertà assoluta e relativa (rispettivamente il 29,2% e il 34,5%) riguardano le famiglie straniere; più o meno lo stesso discorso vale per le famiglie miste (16,9% e 23,9%).
Le soluzioni da adottare
Fino ad oggi la politica ha inteso seguire la scia della logica assistenziale, supportando le fasce deboli della popolazione solo con prestazioni in denaro, rivelandosi però un fallimento: piuttosto che migliorare il tenore di vita delle famiglie, si finisce per alimentare la patologia. Le risorse economiche sarebbero meglio impiegate nei centri di assistenza sociale dove uno psicologo, un assistente sociale, un medico, ma anche un esperto contabile, potrebbero occuparsi del soggetto povero e attraverso un percorso rieducativo cercare di far uscire lui e la sua famiglia dallo stato di disagio, con notevoli vantaggi per il livello di civiltà della nostra società, e anche economici. Solo così si potrebbero ridurre i costi per l’assistenza e aumentare i livelli di occupazione con notevoli vantaggi per l’intero Paese.
Gli ultimi 11 anni
In conclusione si può osservare che la logica assistenzialista, fatta di soluzioni monetarie e riduzioni del carico fiscale, che ha caratterizzato la politica per diminuire i livelli di povertà assoluta e relativa, in Italia ma anche nel resto d’Europa, non ha apportato il beneficio sul lungo termine, e nemmeno i risultati sperati. Un esempio su tutti il reddito di cittadinanza, aiuto economico che tampona il problema, ma non lo estirpa alla radice: dare soldi e non servizi e “presa in carico” dei soggetti deboli, non aiuta a uscire dalla povertà: la alimenta. Senza efficaci servizi di welfare e di collocamento, e con le ultime proposte di legge, difficilmente si aiuteranno le famiglie a trovare un lavoro.