“Anche le transessuali sono figlie di Dio”. Papa Francesco tocca un argomento a lui molto caro nel corso di un’intervista rilasciata alla rivista portoghese ‘Vida Nueva’. Il Pontefice ricorda di quando un gruppo di transessuali andò in Vaticano e se ne andò piangendo “perché avevo dato loro la mano, un bacio, come se avessi fatto qualcosa di eccezionale. Ma stiamo parlando di figlie di Dio”. Nel corso della chiacchierata con il giornale, il Santo Padre torna a parlare del suo obiettivo fisso da più di un anno a questa parte: arrivare alla fine della guerra. Su questo tema, ha detto, “sto pensando di nominare un rappresentante permanente che funga da ponte tra le autorità russe e ucraine”. Chiaro il riferimento all’Arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi che “sta lavorando intensamente come responsabile dei dialoghi” tra i due Paesi coinvolti.
Il Papa ha ricordato che il Cardinale è già stato a Kiev “dove si mantiene l’idea della vittoria senza optare per la mediazione” e a Mosca “dove ha trovato un atteggiamento che potremmo definire diplomatico da parte della Russia. Il progresso più significativo che è stato realizzato riguarda il ritorno dei bambini ucraini nel loro Paese. Stiamo facendo tutto ciò che è in nostro potere per garantire che ogni membro della famiglia che chiede il ritorno dei propri figli possa ottenerlo”. Francesco aggiunge poi che Zuppi, dopo la visita che farà a Washington, andrà a Pechino poiché America e Cina “detengono anche la chiave per abbassare la tensione del conflitto. Tutte queste iniziative sono ciò che io chiamo ‘un’offensiva per la pace”. Successivamente il Papa si è detto convinto che le cose non sono mature per un Concilio Vaticano III, “e non è nemmeno necessario in questo momento, dal momento che in Vaticano non è ancora stato avviato il II (svoltosi tra il 1062 e il 1965, ndr)”.
Il tour in Portogallo
Intanto il Papa prosegue il suo ‘tour’ in Portogallo. In mattinata ha incontrato i rappresentanti di alcuni centri di assistenza e carità di Lisbona, nel quartiere periferico di Serafina. Qui coglie l’occasione per ricordare che la Chiesa non deve fare differenze su chi aiutare o meno, bisogna sostenere chi “bussa bisognoso alla porta: connazionali o stranieri, appartenenti a un gruppo o a un altro, giovani o anziani, simpatici o antipatici”. Anche perché i prediletti di Dio sono “gli indigenti, gli esclusi, i discriminati, i rifiutati, i deboli”. Il Vescovo di Roma dà poi la ricetta per vivere felici, imparando a trasformare tutto in amore: “Basta compiere gesti buoni, come un sorriso, un abbraccio o uno sguardo, oppure dicendo parole di conforto”.