venerdì, 20 Dicembre, 2024
Sanità

Medici in pensione, balzo del 257%

Empam: "Urgente nuovi rimpiazzi". Boom di domande di dottoresse iraniane. Il Ministro Schillaci: "Pronta la piattaforma di Telemedicina, prestazioni in tempi rapidi"

Sempre più medici appendono il camice al chiodo. Dal 2014 al 2022 i trattamenti pensionistici ordinari (quelli ottenuti per raggiunti requisiti anagrafici o contributivi) hanno registrato una vera e propria impennata. Sono aumentati del 257%. È così: è proprio duecentocinquantasette per cento. I tanti che vanno in pensione sono i medici nati durante il baby boom che ora raggiungono l’età della fine degli anni di lavoro. Non c’è nessuna dietrologia (pandemia, sfiducia, sistema sanitario in tilt, e chissà cos’altro). La popolazione italiana sta invecchiando fortemente e un popolo anziano ha molti pensionati, medici compresi.

2.5 miliardi per le pensioni

Solo nel 2022 le prestazioni di Enpam, la cassa previdenziale dei medici e odontoiatri, ha sborsato più di due miliardi e mezzo (+ 14,4% rispetto al 2021) a quasi 154.000 pensionati. In numeri assoluti i medici che hanno lasciato il lavoro nel 2014 sono stati 7.725, pochi anni dopo, nel 2022 sono stati ben 27.563. In otto anni c’è stata una fuoriuscita progressiva di oltre 140 mila unità. Difficilmente si riuscirà a sostituirli tutti, anche perché, nonostante un piccolo aumento del trend di giovani che entrano nella professione, il ricambio resta asfittico. Enpam stima che dovrebbero essere rimpiazzati subito almeno 25 mila medici. Un problema per tutti noi se si pensa che ogni medico assiste, in media, 1000 pazienti. La Cassa di previdenza oggi ha circa 365 mila iscritti e in un solo anno ha avuto una perdita di oltre 3.000 associati. Fortunatamente il bilancio regge: in totale ci sono entrate per oltre 25 miliardi a fronte di un esborso annuo mediamente di un decimo. Ma non si tratta solo di soldi: in questi anni sono andati in pensione soprattutto medici che esercitavano la libera professione e quelli di medicina generale. E cominciano ad essere lasciati definitivamente scoperti molte presidi in piccoli comuni e in territori meno urbanizzati o di montagna.

Si parte con la telemedicina

Il Ministero della Salute, ha firmato l’avvio della concessione per la Piattaforma nazionale di telemedicina (contratto tra Agenas e il Raggruppamento Temporaneo di Impresa Engineering Ingegneria Informatica S.p.A. e Almaviva S.p.A.) per un esborso di 250 milioni e la durata di 10 anni, proprio alla scopo di superare le diseguaglianze nell’offerta delle prestazioni sanitarie. Ieri è stata costituita la società di progetto Pnt Italia e a novembre si concluderà la fase di start-up. Il ministro Schillaci pensa che possa essere una soluzione per il futuro: “la piattaforma nazionale di telemedicina ci permetterà di vincere la sfida per il superamento delle diseguaglianze nell’offerta delle prestazioni e dell’assistenza tra le diverse aree territoriali. Grazie alla piattaforma i professionisti sanitari potranno disporre di nuovi strumenti validati per operare efficacemente in ogni processo individuale e multi-disciplinare e allo stesso tempo verrà anche migliorata l’accessibilità dei pazienti alle cure e alle prestazioni”. Qualcosa si muove, e il traguardo è quello della “televisita”.

Italiani diffidenti

Secondo una ricerca di Kaspersky, azienda che si occupa di cybersicurezza, gli italiano sono diffidenti (25%) e riluttanti ad apparire in video (32%) e uno su tre ha dubbi sul rispetto della privacy e non ha apparecchi adeguati (pc, connessione, tablet ecc.) per collegarsi. Mentre, sempre secondo questo sondaggio, i servizi più comuni forniti dalle organizzazioni italiane sono il monitoraggio da remoto del paziente tramite dispositivi wearable e la telemedicina sincrona (44%), ovvero la comunicazione in tempo reale con i pazienti, comprese videochiamate o chat.

Pensionamenti previsti

Alberto Oliveti, presidente dell’Enpam, non si sorprende: “la gobba previdenziale”, osserva, “era già ampiamente prevista ben prima dell’avvento del Covid che, a sua volta, potrebbe averla accelerata. Il vero problema”, evidenzia, “è il rimpiazzo”. Il tema non è nuovo a chi è accorto ai dati demografici, ma decisioni concrete immediate per risolvere la situazione non sembrano essercene. Le facoltà di medicina continuano con il numero chiuso e le Usl, come quella di Venezia, mettono in campo espedienti per tenere aperti gli ambulatori. La Usl 3 della città lagunare, infatti, qualche mese fa ha lanciato la campagna “Venezia vi aspetta”.

Tante dottoresse iraniane

Un messaggio verso giovani medici in tutto il mondo. Alla fine si sono contati 254 aspiranti dottori e soprattutto dottoresse. Ne sono state selezionate 11 che già da questo mese dovranno essere inserite negli ambulatori. Ma c’è una curiosità, che nasconde una questione seria e che, appunto, ci dice che le soluzioni estemporanee non sono la strada giusta: all’annuncio hanno risposto decine di dottoresse iraniane. Donne che hanno anche il desiderio di trovare un modo per andarsene dal loro Paese. Poco? Tanto? Un po’ strano come reclutamento? Edgardo Contato, direttore generale della Usl veneziana racconta che “l’esperimento è riuscito perché siamo arrivati in tutto il mondo, abbiamo ricevuto disponibilità, e abbiamo dimostrato che siamo in grado di risolvere il problema in maniera diretta”. Del resto il motto del corpo sanitario dell’Esercito italiano è: “fratribus ut vitam servares”, fratelli per salvare vite umane. L’importante è quello.

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