Con la ripresa economica e produttiva post pandemica sia dell’industria sia dei servizi che dell’artigianato, è tornata a crescere anche la produzione di rifiuti speciali, quelli più difficilmente smaltibili. Secondo il rapporto annuale “Rifiuti Speciali Edizione 2023” dell’Ispra parliamo di un aumento nel 2021 del 12,2%, pari a circa di 18 milioni di tonnellate di materiali vari, portando il totale a 165 milioni di tonnellate annui. Ma non tutti rappresentano una vera e propria minaccia per l’ambiente. Nel settore di massima produzione, quello delle attività di costruzione e demolizione, da cui proviene ben il 47,7% di questi rifiuti, cioè quasi la metà del totale, in Italia si è raggiunta una capacità di riciclo dell’80,1%, superando ampiamente l’obiettivo del 70% fissato dalla normativa al 2020. Il recupero riguarda prevalentemente la produzione di rilevati e sottofondi stradali.
Occorre ricordare che per rifiuti speciali si intendono tutti i rifiuti prodotti da attività industriali, aziende e presidi sanitari (cioè non di provenienza urbana) che non contengano al loro interno sostanze nocive, quali sostanze infette, sostanze tossiche, sensibilizzanti, mutageni o corrosivi come i rifiuti speciali pericolosi. Quindi, diversamente da quest’ultimi, sono in buona parte riciclabili, tant’è che nel nostro Paese si recupera materia dal 72,1% degli speciali, mentre solo il 5,7% del totale gestito prevede lo smaltimento in discarica. Se ne occupano oltre 10 mila impianti, di cui poco più della metà (5.928) al Nord, 1.899 al Centro e 2.936 al Sud.
I rifiuti non pericolosi rappresentano il 93,5% del totale dei rifiuti prodotti e alcuni provengono proprio dalle attività di risanamento ambientale, +2,3 milioni di tonnellate rispetto al 2020. Questo aumento è dovuto, principalmente, ai rifiuti prodotti dal trattamento meccanico degli stessi. Ma l’Ispra spiega che la crescita di questo dato è un buon segno, indice di una attenzione crescente del sistema industriale al contenimento degli impatti ambientali. Infatti, l’Italia è un importatore netto di rifiuti (circa 7,4 milioni di tonnellate a fronte di un’esportazione di poco superiore a 3,9 milioni di tonnellate). Il 98,7% dei rifiuti importati è costituito da rifiuti non pericolosi e il restante 1,3% da rifiuti pericolosi. In particolare importiamo rottami metallici provenienti dalla Germania e dalla Francia recuperati dalle industrie metallurgiche localizzate in Lombardia e in Friuli Venezia Giulia. Dalla Svizzera provengono terre e rocce destinate per la quasi totalità in Lombardia in attività di recupero ambientale. Il 67% dei rifiuti esportati è costituito da rifiuti non pericolosi e il restante 33% da rifiuti pericolosi. Esportiamo, prevalentemente in Germania, rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti e dalle attività di costruzione e demolizione.
Rappresentano ancora un problema i rifiuti contenenti amianto, anche se in calo del -12,2% rispetto al 2020, e i rifiuti sanitari, perché la normativa privilegia ancora molto lo smaltimento rispetto al riciclo. Anche i veicoli da rottamare sono ancora lontani dall’obiettivo del recupero totale, così come i pneumatici fuori uso, per i quali va ancora addirittura rafforzata la raccolta. Infine, i fanghi di depurazione delle acque reflue urbane, che richiedono una implementazione delle tecnologie di recupero anche di tipo energetico, come suggerisce l’Ispra.