Una combinazione di elementi, che dopo averli shakerati danno un responso singolare: i lavoratori dipendenti del settore privato del Nord lavorano quasi 2 mesi in più all’anno dei colleghi del Sud. Per i primi, tuttavia, c’è la soddisfazione di percepire una retribuzione giornaliera del 34% più alta dei secondi. A scandagliare gli “elementi” emerge che non è questione di maggior sforzo delle maestranze del settentrione, ma le caratteristiche del Mezzogiorno. Nel sud, ad esempio, c’è poca industria, soprattutto high-tech, e una limitata concentrazione di attività bancarie, finanziarie ed assicurative. Il mercato del lavoro con tanti precari, lavoratori intermittenti, soprattutto nei servizi, e tantissimi stagionali legati al mondo del turismo, infine il vero nodo, una rilevante quota di lavoro nero che sfugge alle statistiche. Inoltre, si fa meno ricerca, meno innovazione e il numero dei laureati che lavorano nel Sud è contenutissimo. Più in generale al di là di nord e sud, c’è anche un divario notevole tra dirigenti e operai, tra settori bancari e assicurativi e tra quelli poveri della comunicazione e della ristorazione.
Nessun scansafatiche
Ad entrare nel merito la Cgia di Mestre, società specializzata in indagini socio economiche che puntualizza: “Questo vuol dire che nel settentrione gli impiegati e gli operai sono degli stacanovisti e quelli del meridione degli scansafatiche?”, osserva l’Ufficio studi, “Assolutamente no. Ci mancherebbe. Anche nel Mezzogiorno si lavora molto e, probabilmente, anche di più che in altre aree del Paese; purtroppo, lo si fa in nero”. Ore lavorate irregolarmente che non possono essere incluse nelle statistiche ufficiali. “Altresì, la concorrenza sleale”, annota la Cgia, “praticata dalle realtà completamente o in parte sconosciute al fisco e all’Inps mantengono, nei settori in cui operano, molto basse le retribuzioni previste dai Contratti collettivi di lavoro”.
Le ragioni del sud
La matematica e un paradosso vengono poi incontro alle ragioni del sud, se le ore di lavoro regolari del Mezzogiorno salissero anche di poco, “molte imprese subirebbero un incremento dei costi che, probabilmente, le farebbe scivolare fuori mercato”, sottolinea la società mestrina.
“Sia chiaro”, afferma il Centro studi, “dobbiamo certamente aumentare per contratto gli stipendi dei livelli di inquadramento inferiori, ma il vero problema è la diffusione del sommerso che rende l’occupazione del Mezzogiorno fragile e povera”. Riequilibrare il sistema a beneficio in primo luogo dei lavoratori è possibile, anzi per la Cgia è urgente cominciare “a contrastare efficacemente il lavoro irregolare”, altrimenti “il divario Nord-Sud è destinato ad aumentare, danneggiando tutto il Paese”.
Lavoro regolare e lavoro nero
Venendo ai calcoli, invece, la statistica ci dice che al Nord si lavora 36 i giorni in più all’anno. Secondo l’elaborazione degli artigiani mestrini su dati Inps nel 2021, “il numero medio delle giornate retribuite al Nord è stato pari a 247, al Sud, invece, a 211”. Pertanto, nel settentrione un ipotetico operaio ha lavorato 36 giorni in più che corrispondono a quasi 2 mesi lavorativi “aggiuntivi” rispetto a un collega meridionale.
Le paghe a confronto
Stando così i calcoli, per il Cipputi del Nord la retribuzione media giornaliera lorda si attestata attorno ai 100 euro mentre nel meridione scende a 75. “Di conseguenza”, calcola la Cgia, “la paga giornaliera in settentrione è mediamente più elevata del 34 per cento rispetto a quella percepita nel Mezzogiorno”.
Il divario della produttività
A riprova che la retribuzione media di un territorio risente del “peso” e della qualità del sistema imprenditoriale e occupazionale presente nello stesso, anche la produttività, dato dal rapporto del valore aggiunto per ore lavorate. Per la Cgia questo rapporto è un buon indicatore per ragionare sul livello salariale. “Infatti, a produttività elevate corrispondono salari elevati e viceversa”. “Dalla lettura di questo dato”, spiega l’Ufficio studi, “emergono delle differenze territoriali molto marcate. Se nel settentrione il valore medio del 2019 si attestava sui 40 euro circa, nel Mezzogiorno era di 30 euro. La variazione percentuale, pertanto, era del 33 per cento in più a vantaggio del Nord”.
Retribuzioni: Milano al top
Le contraddizioni salariali poi attraversano l’intera Penisola. A Ragusa i lavoratori più “poveri. A Lecco i più “sgobboni”. Nel 2021 la retribuzione media giornaliera più elevata d’Italia è stata erogata ai lavoratori dipendenti del settore privato occupati nella provincia di Milano (124 euro). Seguono quelli di Bolzano (104,8 euro), Parma (103,8 euro), Bologna (103,4 euro), Modena (102 euro), Roma (101,3 euro), Reggio Emilia (100,6 euro), Genova (99,8 euro), Trieste (99,4 euro) e Torino (98,5 euro). Gli stipendi giornalieri più bassi, invece, sono stati pagati a Trapani (67,1 euro), Cosenza (66,8 euro), Vibo Valentia (66,7 euro) e, infine, a Ragusa (66,5 euro).
Gli operai e gli impiegati con il maggior numero medio di giornate lavorate durante il 2021 sono stati quelli occupati a Lecco (259,5 giorni). Seguono i dipendenti privati di Vicenza (258,2), Treviso (256,9), Lodi (256,7), Pordenone (256 giorni), Bergamo (255,6 giorni), Padova (255,4), Cremona (254,8 giorni), Reggio Emilia (254,1 giorni) e Modena (252,2 giorni).
Fabbrica e ufficio, ore in libertà
Le province dove i lavoratori sono stati “meno” in ufficio o in fabbrica durante l’anno preso in esame sono state quelle di Crotone (200,7 giorni), Lecce (200 giorni), Rimini (199,5 giorni), Agrigento (199,3 giorni) Salerno (198,7 giorni), Foggia (198,4 giorni), Cosenza (196,8 giorni), Trapani (195,6 giorni), Nuoro (193,7 giorni), Messina (193,4 giorni) e Vibo Valentia (177,2 giorni).
Dirigenti ricchi e operai poveri
Sempre dal confronto della retribuzione media giornaliera relativa al 2021, secondo i calcoli della Cgia, i dirigenti italiani percepiscono un emolumento del 577 per cento superiore a quello conferito agli operai. “Se ai primi viene erogato una paga lorda di 500 euro a fronte di 291 giorni di lavoro all’anno, ai secondi la stessa sfiora i 74 euro per un totale di giorni lavorati pari a 219. La paga degli impiegati, invece, è di 97,5 euro, mentre i quadri percepiscono 219 euro al giorno”.
Settori remunerativi e poveri
Gli stipendi più alti di registrano nel settore creditizio e assicurativo. Sempre nel 2021 i settori dove le retribuzioni giornaliere sono state più elevate hanno interessato gli occupati del settore creditizio-finanziario- assicurativo (170 euro lordi), dell’estrattivo (163,5 euro), del comparto energia elettrica-gas, etc. (161,3 euro), dell’informazione- comunicazione (126,4 euro) e nel manifatturiero (107,2 euro). I lavoratori meno pagati, invece, sono alle dipendenze degli imprenditori del settore noleggio-agenzie di viaggio e servizi alle imprese (68,2 euro) e, infine, gli addetti al settore ricettivo e alla ristorazione (56 euro).