Biologico, biodinamica, qualità. Il mondo della produzione agricola vive un momento di rivoluzione e innovazioni. Lo dimostrano le molteplici attività messe in campo da imprese che sperimentano e creano nuovi modelli di produzione che puntano sulla qualità e sul rispetto dell’ambiente. Su questi temi e sul presente e futuro dell’agroalimentare si è acceso un confronto ad alto livello con personalità di spicco del mondo della politica, delle istituzioni, del giornalismo e delle Associazioni di categoria, in primis Coldiretti. Demeter Italia, associazione che raccoglie oltre 700 aziende agricole e alimentari biodinamiche, ha organizzato a Roma la presentazione del libro “Biodinamica – stregoneria o agroecologia?”, curato da Stefano Masini (Slow Food Editore, 2022). All’incontro, introdotto dall’onorevole Marco Cerreto, Capogruppo Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, e moderato dalla giornalista Anna La Rosa, hanno partecipato Enrico Amico, presidente di Demeter Italia, Simone Vieri, professore presso La Sapienza di Roma, l’onorevole Maria Chiara Gadda, vicepresidente della Commissione Agricoltura della Camera, e il senatore Luca De Carlo, presidente della Commissione Agricoltura del Senato. Conclusioni affidate a Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, e all’onorevole Patrizio Giacomo La Pietra, Sottosegretario presso il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste.
Abbiamo approfondito il tema con l’onorevole Marco Cerreto per conoscere la posizione del Governo in relazione alla valorizzazione della filiera agroalimentare italiana in generale e dell’agricoltura biologica e biodinamica in particolare.
Onorevole Cerreto, il convegno vede come protagonista l’imprenditore agricolo e una particolare declinazione della sua attività. La scelta della produzione biodinamica, quali caratteristiche peculiari presenta e qual è l’attenzione delle Istituzioni?
Indubbiamente le riflessioni sul metodo olistico proposto dalla biodinamica si collocano all’interno di un dibattito più ampio, che si estende al fronte agricolo nel suo complesso e tocca le sfere ecologica, etica, economica e sociale. Il mondo ci impone di rispettare parametri stringenti finalizzati alla tutela dell’ambiente. Ebbene, come spesso ripete il Ministro Lollobrigida, rivendichiamo proprio per l’agricoltore, figura spesso sottovalutata, il ruolo di primo ambientalista, di “sentinella del territorio”. E’ il custode di quella natura che rappresenta e garantisce il suo e il nostro futuro. Nel nostro posizionamento culturale ed economico rispetto alla produzione agricola si innesta benissimo, a mio avviso, l’attenzione al mondo della biodinamica. Questa, rispetto all’agricoltura biologica, si arricchisce di una componente “spirituale”, fatta di regole etiche che, al di là della condivisione nel merito, incontrano un proprio pubblico ed è giusto vengano rispettate in quanto parte del nostro “idem sentire”.
Le tecniche che contraddistinguono le produzioni biodinamiche richiamano un modello produttivo antico, scandito dai cicli naturali, dalle fasi lunari, dalla rotazione delle colture, dall’uso consapevole delle risorse naturali.
Cosa c’è di più bello che riscoprire quei valori antichi che testimoniano le nostre tradizioni, la nostra visione del mondo e la massima attenzione per la salute e il benessere dell’uomo? Il valore della dieta mediterranea, riconosciuta e protetta dall’Unesco come patrimonio dell’umanità, e la qualità eccezionale dei prodotti Made in Italy, trovano nella biodinamica una declinazione particolare. Il biodinamico è peculiarità della nazione, quindi ricchezza del Paese che rientra a pieno diritto nella tutela predisposta dal Governo per la qualità del “Made in Italy” contro il tentativo ormai palese di omologazione del ciclo produttivo. Esiste infatti una impostazione di carattere globale che contribuisce ad affermare un modello unilaterale di nutrizione teso a negare la cultura dell’identità. Il nostro Paese, primo al mondo per biodiversità, si pone come antitesi naturale a questo tentativo, fatto di omologazione culturale, di imposizione di cibi senza identità e senza tradizione, frutto di processi privi di evidenze scientifiche. Un esempio per tutti, la determinazione con cui si cerca di imporre il consumo di carne “sintetica”, creata in laboratorio, attraverso una comunicazione mirata, sostenuta dagli ingenti investimenti delle multinazionali del cibo.
Quali i riflessi, a livello sociale, della diffusione di abitudini di consumo “globalizzate”?
Il rischio è che la società venga suddivisa, come succede negli Stati Uniti, tra pochi privilegiati in grado di alimentarsi in modo appropriato e un’ampia fascia di cittadini costretti a un’alimentazione da fast food e privi in concreto della possibilità di accedere economicamente a prodotti di qualità. Indubbiamente l’alimentazione italiana fatica a competere, quanto a costi, con le grandi produzioni proposte dai mercati esteri. Riteniamo quindi necessario impegnarci nella ricerca di modelli produttivi rispettosi della sostenibilità ambientale, economica e sociale espressa anche dalla disciplina comunitaria, che siano contemporaneamente in grado di preservare ed esaltare la tipicità e le tradizioni del nostro Paese.