Salario minimo, per la Confesercenti meglio la contrattazione collettiva nazionale. Per la Confederazione le garanzie offerte dalle trattative e dagli accordi siglati con sindacati e imprese permettono maggiori tutele. In particolare con l’introduzione del salario minimo per legge verrebbero disapplicare i contratti collettivi. “Per combattere il lavoro sottopagato e far crescere le retribuzioni”, sottolinea la Confesercenti, “è meglio puntare sul sostegno alla contrattazione collettiva che su un salario minimo per legge, la cui introduzione rischia di essere non solo inutile, ma addirittura dannosa per i lavoratori”.
Il rischio disapplicazione
La Confederazione insiste sul fatto che toccano equilibri delicati e ogni revisione deve tenerne conto.
“Se il valore minimo fissato dal legislatore fosse più basso di quello dei contratti collettivi”, spiega la Confesercenti, “si correrebbe il rischio di disapplicazione degli stessi, poiché per le aziende il salario negoziale sarebbe considerato come un mero ed incomprensibile costo ulteriore; al contrario, se fosse più alto, l’ingerenza legislativa determinerebbe uno squilibrio nella rinegoziazione degli aumenti.
La conseguenza, non voluta”, puntualizza la Confederazione, “di tale disapplicazione contrattuale potrebbe essere dunque il peggioramento delle condizioni generali dei lavoratori, visto che i CCNL prevedono anche tutele collettive e, spesso, sistemi di welfare integrativi in favore dei dipendenti”.
Dare valore ai minimi Se la strada maestra è la contrattazione per la Confesercenti è possibile in quella sede determinare il valore dei minimi contrattuali.
“È dunque meglio un rinvio ai contratti collettivi nazionali”, sottolinea la Confederazione, “per la determinazione della retribuzione, dando valore legale ai minimi contrattuali stabiliti dai Ccnl sottoscritti dai soggetti comparativamente più rappresentativi, affiancandovi una più incisiva vigilanza e intensificando”, propone la Confesercenti, “il contrasto ai contratti pirata sottoscritti da organizzazioni prive di rappresentatività e non presenti nel Cnel, che generano dumping contrattuale e abbassano il livello medio delle retribuzioni”.