Venti giorni dopo la sommossa di Prigozhin è difficile trovare una linea chiara e coerente che spieghi cosa stia davvero succedendo nel fortino di Putin.
Le notizie che circolano, anche ufficiali, descrivono lo stato confusionale in cui sembra essere precipitato il vertice del comando della Russia.
Sulla Wagner abbiamo letto tutto e il contrario di tutto: sciolta, ma ancora operante e in soccorso perfino di minatori cinesi in Africa; privata ma in parte assorbita nell’Esercito. Putin oggi dice che non esiste più …..E la telenovela continua.
E che dire del suo capo, Prigozhin? Sembrava essere scampato alla morte in cambio del suo esilio forzato in Bielorussia. Invece continua a girare col suo jet tra Mosca, Minsk, San Pietroburgo e chissà dove. Entra ed esce dal Cremlino trattato non come un pericoloso traditore ma come un interlocutore di primo piano: altro che golpista pentito. Manda messaggi si fa fotografare in tende militari… ma la Wagner non esiste, dice Putin, e Putin sa quello che dice.
E cosa ne è dei comandi militari? Non passa giorno che qualche generale non si dilegui: o perché mandato a riposare o perché destituito per manifesta incapacità o perché racconta cose che danno fastidio al Cremlino o perché qualcuno semplicemente lo uccide. Non è proprio un quadro ideale per condurre una guerra.
Quanto all’economia, il rublo è ai minimi storici e difficilmente la propaganda filorussa che imperversa anche nelle tv del servizio pubblico italiano potrà sostenere che è un segnale che le sanzioni non funzionano.
E che dire di Erdogan? Il funambolo del Bosforo era riuscito finora a non irritare più di tanto né Putin né l’Occidente. In meno di una settimana ha fatto perdere il sonno allo zar: prima la liberazione dei prigionieri dell’Azovstal, poi il sostegno entusiasta all’ingresso di Kyiv nella Nato, e ancora il via libera alla Svezia e i proclami sugli accordi sul grano. Insomma una serie di regalini poco graditi al suo amico Putin che oggi si è affrettato a dire, infastidito, che non c’è nessun accordo sul grano. E Putin sa quello che dice.
Potremmo continuare con l’elenco delle stranezze che rendono il Cremlino una sorta di porto delle nebbie in cui sta succedendo qualcosa che non è ancora visibile ma che sicuramente non è un tranquillo tran tran di un regime che si sente col vento in poppa. Su tutto questo scenario piomba il silenzio assordante della Cina che deve aver fiutato l’aria e mette in pratica il saggio principio caro ai vertici di Pechino di non parlare troppo quando le cose non sono chiare.
Ce n’è abbastanza per essere ottimisti e pensare che in molti ambienti anche vicini a Putin cominci a serpeggiare l’idea che questa guerra -come ha detto Prigozhin- non si doveva fare, che sta andando male e che quindi l’ora di sedersi ad un tavolo di trattative si avvicina. Meglio tardi che dopo.