venerdì, 22 Novembre, 2024
Attualità

Immigrazione, fare melina non serve

L’immigrazione, si sa, è un tema caldo. Anzi caldissimo. Che, aggiungiamo, non può essere accantonato, né procrastinato solo perché una parte politica ne ha fatto il suo cavallo di battaglia. Bene ha fatto, dunque, il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, persona molto equilibrata e, soprattutto, dotata di un innegabile senso dello Stato, a parlarne nei giorni scorsi durante la sua partecipazione al programma “Che tempo che fa” di di Fabio Fazio.

La “numero uno”, nel corso della intervista concessa, ha espresso il suo pensiero in merito ai famigerati “decreti sicurezza”, sostenendo che vanno cambiati alla luce delle “osservazioni” della presidenza della Repubblica.

A prima vista le esternazioni del Ministro sembrano aprire ad una soluzione “low cost” per impedire di offrire una sponda alla “macchina della paura”, agitata dal suo predecessore. In realtà le cosiddette “osservazioni” del Quirinale, se accolte, aprono la strada a modifiche non di poco conto.

Cerchiamo di capire quali sono. Nella missiva indirizzata ai presidenti del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, della Camera Roberto Fico, e al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il Capo dello Stato rileva che “per effetto di un emendamento, nel caso di violazione del divieto di ingresso nelle acque territoriali – per motivi di ordine e sicurezza pubblica o per violazione alle norme sull’immigrazione – la sanzione amministrativa pecuniaria applicabile è stata aumentata di 15 volte nel minimo e di 20 volte nel massimo, determinato in un milione di euro, mentre la sanzione amministrativa della confisca obbligatoria della nave non risulta più subordinata alla reiterazione della condotta”.

Nel caso di violazione delle norme sulla immigrazione “non è stato introdotto alcun criterio che distingua quanto alla tipologia delle navi, alla condotta concretamente posta in essere, alle ragioni della presenza di persone accolte a bordo e trasportate”.

Di qui la conclusione che “non appare ragionevole fare a meno di queste indicazioni e affidare alla discrezionalità di un atto amministrativo la valutazione di un comportamento che conduce a sanzioni di tale gravità”, anche alla luce della recente sentenza n. 112 del 2019 della Corte costituzionale in cui è ribadita “la necessaria proporzionalità tra sanzioni e comportamenti”.

Occorre, dunque, inserire criteri oggettivi di gradazione della multa. Astrattamente il prefetto, che è l’autorità amministrativa preposta, potrebbe elevare un’ammenda di un milione di euro a una persona in barca a vela, entrata in porto senza autorizzazione salvando un solo naufrago.

Il Presidente ricorda, inoltre, che la limitazione o il divieto di ingresso può essere disposto “nel rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia” e che “il comandante della nave è tenuto ad osservare la normativa internazionale”. Nell’ambito di questa la Convenzione di Montego Bay, richiamata dallo stesso articolo 1 del decreto, prescrive che “ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batta la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile adempiere senza mettere a repentaglio la nave, l’equipaggio e i passeggeri, presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizioni di pericolo”.

Perplessità riguardano anche l’articolo 16 lettera b) che modifica l’art. 131 bis del Codice penale, rendendo inapplicabile la causa di non punibilità per la “particolare tenuità del fatto” alle ipotesi di resistenza, violenza e minaccia a pubblico ufficiale e oltraggio a pubblico ufficiale. La norma non si applica soltanto gli appartenenti alle forze dell’ordine ma include un ampio numero di funzionari pubblici, statali, regionali, provinciali e comunali e finanche soggetti privati che svolgono pubbliche funzioni (eccetto i magistrati in udienza, non menzionati nel testo), impedendo al giudice di accertare la “lieve entità”, anticamera del non luogo a procedere.

Fin qui, in sintesi, i rilievi del Quirinale. È evidente che le forze politiche che compongono la maggioranza devono iniziare a lavorare nella direzione di “governare” il fenomeno, piuttosto che subirlo.

Ecco, allora, che si fanno strada alcuni interrogativi: sapranno, finalmente, battere i pugni sul tavolo in Europa per ottenere la modifica delle norme sull’asilo? Avranno il coraggio di ridefinire i canali di ingresso legale in Italia? Monitoreranno a dovere la macchina dell’accoglienza, stroncando gli affari dei “furbi” di turno per investire sulle sul “vecchio” Sistema Sprar? Uniranno le forze per chiudere i famosi accordi bilaterali di rimpatrio?

Solo se troveranno risposte adeguate agli interrogativi i partiti del Conte II potranno dire di essere passati dalla fase emergenziale a quella della gestione ordinaria e gli italiani si convinceranno che i migranti non sono dei fannulloni o, peggio, dei delinquenti a spasso per il paese, ma una risorsa su cui puntare per il futuro…

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