lunedì, 21 Ottobre, 2024
Geopolitica

Le insidie russe e le scelte strategiche della Nato

Le “sirene” del Cremlino

Dopo l’invasione su vasta scala da parte della Russia, in pochi hanno continuato a nutrire dubbi su chi fosse l’aggressore in questa guerra. Tuttavia, per l’aggressione commessa dalla Russia nel 2014 la risposta non è stata altrettanto univoca.

L’idea che l’occupazione della Crimea e del Donbass fossero ispirate da “sentimenti filo-russi” radicati nella popolazione locale e dall’azione di “movimenti separatisti” presenti in queste regioni si è rivelata piuttosto persistente. I fautori di questa teoria minimizzano il ruolo della Russia e presentano i separatisti locali come attori chiave nel conflitto. Per costoro “se almeno uno dei cittadini ucraini ha combattuto contro le forze armate come membro della ‘milizia popolare’ o come parte dell’esercito russo senza segni di identificazione, quella in corso sarebbe una guerra civile”.

Sarebbe piuttosto semplice replicare a costoro che, in base a quanto prevedono in materia le norme del Diritto internazionale, quello in corso non può, in alcun modo, essere definito un conflitto interno.
Tuttavia, risulta forse più interessante analizzare le argomentazioni addotte da quella parte che, seppure in via minoritaria, vorrebbe che l’Ucraina fosse lasciata al proprio destino. Una prima giustificazione è così sintetizzabile: “Anche se non c’era una maggioranza filorussa in Crimea e nel Donbass nel 2014, dopo 9 anni di occupazione, la popolazione di quelle aree è oramai intossicata dalla propaganda russa.

Quindi ha senso spendere risorse prima per liberare e poi per reintegrare questi territori?

Forse sarebbe meglio fermarsi ai confini preesistenti all’invasione su vasta scala”. Non è infrequente sentire osservazioni come questa nei dibattiti sul conflitto in Ucraina. Purtroppo, anche da parte di sedicenti “esperti” e consulenti talvolta chiamati a preparare analisi per alcuni governi occidentali, per grandi aziende o per missioni diplomatiche. La stessa valutazione è stata, in via residuale, promossa anche da alcuni parlamentari e diplomatici di Stati partner dell’Ucraina.

C’è anche un’altra narrazione, ancor più inverosimile, che si poggia sul concetto di “una sola nazione”, cioè sull’unità di ucraini e russi. Questo argomento, privo di qualsiasi reale fondamento storico, è accompagnato da quella che viene definita la “scissione” dell’Ucraina. Persino dopo il 24 febbraio 2022 e dopo i crimini commessi dall’esercito russo, il mantra sulla vicinanza e somiglianza dei due popoli non è scomparso, si è solo adattato agli eventi. Ci sono poi coloro che sostengono che bisognerebbe trovare una soluzione che “non umili Putin”, lasciandogli almeno una parte dei territori occupati.

Gli autori di simili tesi non sono in imbarazzo neanche di fronte al fatto che milioni di residenti dell’est e del sud dell’Ucraina, che secondo la loro convinzione sarebbero “filo-russi”, siano fuggiti dall’occupazione russa.

Dal 2022, il sostegno all’Ucraina e la condanna della Russia hanno avuto un’indubbia preminenza nel mondo occidentale rispetto alla versione russa degli eventi. Tuttavia, se si vuole ottenere la liberazione dell’Ucraina, rafforzando l’architettura di sicurezza in Europa, occorre analizzare attentamente ciò che possono celare certe prese di posizione.

Il lobbismo di certi ambienti “pro-Mosca” si è rivelato efficace per veicolare la tesi secondo cui quella in corso “non è un’aggressione russa, ma una guerra di grandi potenze”, accusando la Nato e l’Occidente di fare la guerra per procura sul territorio dell’Ucraina. Del resto, anche se oggi alcune di queste posizioni sembrano marginali, con il passare del tempo e con gli avvenimenti mondiali, queste voci potrebbero suonare sempre più forti.

È fondamentale, oggi più che mai, non abbassare la guardia contro la minaccia continentale attuata dalla Federazione Russa, respingendo al mittente quelle proposte di “pace/resa” che alcuni vorrebbero fossero accettate senza condizioni da parte dell’Ucraina.

Le posizioni che si confrontano a Vilnius

Diversi leader internazionali hanno già spiegato cosa si aspettano dal vertice di Vilnius.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in particolare, auspica che dal Summit possa uscire un invito formale all’adesione del suo Paese all’Alleanza atlantica. A Vilnius, l’Alleanza atlantica dovrebbe lanciare una road map che comporti l’adesione dell’Ucraina alla Nato nel più breve tempo possibile. Come nel caso della Finlandia e della Svezia, questo processo potrebbe aggirare il Piano d’azione per l’adesione, data la stretta e costante interazione tra Nato e Ucraina.

La comunità transatlantica potrà essere stabile e sicura solo quando l’Ucraina sarà al sicuro.
I capi di Stato e di governo della Nato dovrebbero sottolineare la loro disponibilità a fornire all’Ucraina armi – inclusi missili a lungo raggio, caccia e carri armati occidentali – in numero sufficiente per garantire la vittoria sul campo di battaglia.

Per rafforzare la sicurezza dell’Ucraina prima della sua adesione alla Nato, l’Alleanza e l’Ucraina a Vilnius dovrebbero creare un partenariato nel campo della deterrenza e della difesa, nell’ambito del quale gli Alleati forniranno tutte le armi necessarie, l’addestramento, attrezzature, intelligence e altro supporto,
mentre l’Ucraina continuerà ad adottare le misure necessarie per accelerare la sua integrazione nell’Alleanza e nelle sue strutture di comando.

In una conversazione tra il Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ed il Ministro degli Affari esteri dell’Ucraina, Dmytro Kuleba, si è discusso circa le decisioni che potrebbero essere assunte nel corso del vertice dell’Alleanza Atlantica a Vilnius in merito alle prospettive di adesione dell’Ucraina.

Il Ministro Kuleba ha sottolineato che il suo ministero sta collaborando strettamente con il Segretario generale Stoltenberg e le capitali dei Paesi della Nato per rendere il vertice di Vilnius un successo.

“Ci siamo completamente concentrati sul possibile contenuto della decisione della Nato in merito alle prospettive di adesione dell’Ucraina. L’Ucraina è una risorsa della Nato; la renderemo più forte”, ha osservato il ministro degli Esteri ucraino.

Come oramai noto, al vertice Nato di luglio a Vilnius, l’Ucraina cerca di ottenere una formulazione chiara in merito alla prospettiva di adesione all’Alleanza Atlantica. Il ministro degli Esteri britannico James Cleverley ha affermato che Londra sarebbe “molto favorevole” se l’Ucraina potesse passare attraverso un processo semplificato di adesione alla Nato.

Cleverley ha suggerito che la Gran Bretagna sosterrebbe una proposta secondo cui l’Ucraina non avrebbe bisogno di passare attraverso la fase del Piano d’azione per l’adesione (MAP) per aderire all’alleanza militare. Il processo MAP prevede che i Paesi candidati ricevano valutazioni e consulenza mentre adottano misure per soddisfare i criteri di difesa della Nato e altri standard.

Se l’Ucraina dovesse saltare effettivamente questa fase, verrebbe inserita, quale nuovo membro della Nato, con modalità simili a quelle adottate per la Finlandia.

“Abbiamo visto come l’Ucraina si sta sviluppando in modo incredibilmente rapido” ha affermato Jens Stoltenberg al vertice informale dei ministri degli esteri della Nato, aggiungendo che “molti dei requisiti del piano d’azione per l’adesione all’Alleanza sono già stati soddisfatti”.

Anche la Francia avrebbe cambiato la sua posizione riguardo all’adesione dell’Ucraina alla Nato. Le autorità francesi hanno deciso di sostenere l’adesione dell’Ucraina all’Alleanza Atlantica seguendo la linea promossa dalla Polonia e dai Paesi baltici, per aumentare la pressione sulla Russia.  Difendere la prospettiva dell’adesione dell’Ucraina alla Nato per influenzare il conflitto e cercare di portare Mosca e Kiev al tavolo dei negoziati.

È questo l’approccio ora privilegiato dalla Francia nelle delicate discussioni tra gli alleati dell’Ucraina che preludono al vertice Nato, in programma nella capitale lituana, l’11 e 12 luglio.

Un recente consiglio di difesa si è svolto all’Eliseo per esaminare l’ipotesi di una possibile adesione dell’Ucraina.

Questa opzione viene ora considerata da Parigi una garanzia di sicurezza, perché in grado di scoraggiare la Russia dal continuare la guerra o, se il conflitto dovesse cessare, di impedire ogni nuova aggressione. Dal canto suo, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha sostenuto che occorre “dare uno sguardo sobrio alla situazione attuale”, aggiungendo che le stesse autorità ucraine riconoscono l’impossibilità di diventare un membro della Nato mentre la guerra continua.

Il cancelliere Scholz ha sottolineato la necessità di concentrarsi sulla priorità più importante al vertice della Nato a Vilnius, vale a dire il rafforzamento della capacità di combattimento dell’Ucraina. Secondo Scholz, Berlino, insieme ai suoi partner del G7 e all’Unione Europea, sta lavorando a garanzie di sicurezza a lungo termine per Kyiv.

“Il nostro obiettivo – ha detto Scholz – è un sostegno militare stabile all’Ucraina, ivi incluse le moderne armi occidentali, ed il rafforzamento della stabilità economica dell’Ucraina durante la sua difesa contro l’aggressione russa”.

Intanto, il presidente polacco Andrzej Duda, che si è recato in Lituania per una visita di Stato di tre giorni, ha spiegato di auspicare che la Nato possa garantire all’Ucraina la massima sicurezza possibile e una corsia preferenziale per l’adesione.

Una posizione condivisa anche dall’Italia.

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