Un 17 enne accusato di aver ucciso la sua coetanea Michelle Maria Causo a colpi di coltello. L’incidente di Casal Palocco, provocato da ragazzi “youtuber” per l’alta velocità toccata dal Suv Lamborghini che si è schiantato contro la Smart in cui è morto il piccolo Manuel Proietti di 5 anni. Una ragazzina di 12 anni legata costretta a subire violenza da due adolescenti che hanno ripreso e diffuso con il cellulare le immagini. Una 13 enne aggredita a colpi di forbice da due due coetanee. Ancora più drammatica la storia di una ragazza minorenne suicida dopo aver subito una violenza di gruppo. Venerdì a Polsi in provincia di Reggio Calabria promosso dal nostro giornale si è tenuta la due giorni di incontri del convegno nazionale “Polsi ambiente” – quest’anno alla terza edizione – occasione di confronti e analisi, dal titolo: “La sfida delle fonti di energia: aspetti giuridici ed ecologici”.
Chiamato ad intervenire in qualità di commentatore politico de La Discussione e di ex sottosegretario all’Ambiente, ho proposto una riflessione diversa e credo comunque calzante, sull’altra faccia del degrado ecologico, ossia quello sociale e morale. “Ogni giorno”, ho ricordato, “leggiamo di omicidi ed efferati
delitti che avvengono con Degrado ambientale e regolarità e credo che sociale questi siano legati a un Il punto, a mio giudizio che ambiente morale e sociale dobbiamo vedere la realtà trascurato, un ‘ambiente’ per come è: il degrado forse più importante di ambientale si accompagna come lo intendiamo di a quello sociale, e viceversa solito”.
Non possiamo quindi non vedere la crisi che ci circonda e di come mettere in atto iniziative che siano capaci di sanare questo vuoto, che diventa un abisso in cui precipitano purtroppo molti giovani. Possiamo fare addirittura un parallelo tra abusi contro l’ambiente e quelli commessi contro le persone inermi e soprattutto adolescenti. Ci sono studi che lo dimostrano ed entrano nel merito. Non è una regola, ma se il contesto è degradato le forme di intolleranza, di aggressività e violenza si amplificano.
I segnali sono in aumento, e appaiono sempre più cruenti. Si superano i limiti senza neppure sapere più quali siano i confini. “Giovani fuori controllo che superano i propri limiti all’ennesima potenza, a causa anche dell’uso spropositato di droga e alcol”, sottolinea lex direttore centrale Anticrimine della Polizia di Stato, Francesco Messina, di recente nominato prefetto di Padova. C’è un aspetto che non va sottovalutato ed è quello di non percepire nemmeno più il degrado ambientale così come non si empatizza con le vittime.
Dall’attacco all’ambiente
tantissimi giovani in gamba, che sanno sognare e realizzare, pronti ad azioni di volontariato e di impegno civile, che fanno politica e attività sociali. Per quanti, invece, sono in primo luogo vittime loro stessi della loro insensata violenza e stupida aggressività, c’è da mettere in campo uno sforzo enorme per permettere loro di ricucire relazioni sociali, di tornare ad empatizzate con il mondo, quella parte migliore di mondo che li circonda.
Una seconda possibilità va data. Forse oltre alla formazione che includa il rispetto degli altri, l’acquisizione di mestiere e un lavoro, penso che sia possibile anche un percorso di impegno ecologico. Bisogna coinvolgere più ragazzi ad empatizzare con lo sforzo che fa la natura a salvarci ogni giorno, a darci cibo ed acqua. A permetterci di riscaldarci con il sole e vivere con la poggia.
Non è in fondo nemmeno una punizione ma sarebbe per molti giovani un ritorno alla realtà, alla vita con la sua fragilità e bellezza.
“I ragazzi credono che tutto sia possibile, che sia tutto facile e lecito. Alla base vi è una incapacità di gestione delle relazioni umane, con un approccio sbagliato e disfunzionale: giovani con una fortissima fragilità, incapaci di provare empatia”, fa presente Ciro Cascone, procuratore capo del tribunale dei minorenni di Milano.
Sono voci e riflessioni autorevoli che ci dicono come le emergenze non possono essere sottovalutate, che raccontano come la radice dei mali sia spesso nella incapacità della famiglia di fare da guida, dell’abbandono scolastico, nella mancanza di formazione, di un lavoro e, soprattutto, di proiettarsi verso il futuro.
Una violenza spesso desunta dalla esplosione delle “rete” che avviluppa e condiziona i comportamenti favorendo e incentivando gli eccessi. Sullo stesso percorso e forse anche più si muovono i “delitti” contro la natura.
C’è una graduatoria di reati più frequenti che ci raccontano molto sulle conseguenze di avvelenare l’ambiente e noi.
Ci sono le emissione e scarichi illegali di sostanze nell’aria, acqua o suolo; il trasporto o scarico illegale di rifiuti; gli incendi dolosi; il commercio di sostanze che riducono lo strato di ozono. In questa situazione prosperano le eco mafie, “merito” soprattutto della lievitazione nel ciclo dei rifiuti, nelle filiere agroalimentari e nel racket animale e vegetale. Il boom delle inchieste sui traffici di rifiuti tuttavia porta con sé dei dati positivi, come il calo del fatturato, stimato delle ecomafie: 8,8 miliardi di euro nel 2022, mentre nel 2019 era di 19 miliardi.
La soluzione? Tornare alla realtà
La domanda più impegnativa a questo punto, è come trovare soluzioni, se ci sono possibilità per arginare violenza e degrado? Possiamo mettere in campo più polizia e più leggi. In questo ultimo caso la recente introduzione nella Costituzione della tutela del patrimonio ambientale ha dato i suoi frutti. Fanno parte della Costituzione i nuovi reati di disastro e di inquinamento, di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, di impedimento del controllo e di omessa bonifica.
Nuovi reati che hanno agevolato l’apertura di numerose inchieste. Stesso discorso va fatto per la violenza, l’alcol, la droga e i giovani, bisogna mettere in campo più idee, proposte e progetti. Non basta solo la repressione. Partiamo dalla consapevolezza che ci sono tantissimi giovani in gamba, che sanno sognare e realizzare, pronti ad azioni di volontariato e di impegno civile, che fanno politica e attività sociali. Per quanti, invece, sono in primo luogo vittime loro stessi della loro insensata violenza e stupida aggressività, c’è da mettere in campo uno sforzo enorme per permettere loro di ricucire relazioni sociali, di tornare ad empatizzate con il mondo, quella parte migliore di mondo che li circonda.
Una seconda possibilità va data. Forse oltre alla formazione che includa il rispetto degli altri, l’acquisizione di mestiere e un lavoro, penso che sia possibile anche un percorso di impegno ecologico. Bisogna coinvolgere più ragazzi ad empatizzare con lo sforzo che fa la natura a salvarci ogni giorno, a darci cibo ed acqua. A permetterci di riscaldarci con il sole e vivere con la poggia.
Non è in fondo nemmeno una punizione ma sarebbe per molti giovani un ritorno alla realtà, alla vita con la sua fragilità e bellezza.