Il fuoco cova sempre sotto la cenere e così le polemiche roventi tra i due leader di quel che potrebbe ancora essere il Terzo Polo alla prima occasione riprendono a schioppettare.
L’occasione è l’accordo sulla proposta di legge che vuol istituire un salario minimo orario di 9 euro, presentato da tutti i partiti di opposizione eccetto Italia Viva.
Solo gli sprovveduti potevano pensare che Renzi mettesse la sua firma insieme a quella di Conte, e anche di Fratoianni, che hanno concordato l’iniziativa legislativa con Schlein, Magi e Calenda.
Renzi e il suo partito non sono contrari al salario minimo e in Parlamento
presenteranno loro emendamenti che riprendono una proposta di legge di Iv, disponibili a votare parti del testo delle altre opposizioni. Ma il senatore di Rignano si smarca perché non vuole sentirsi ingabbiato in una coalizione alternativa alla maggioranza. Insomma, gli sta stretto anche un accordo su un contenuto specifico. E quindi mani libere oggi e sempre.
Anche perché, se tra le tante manovre di Renzi ci fosse anche quella di proporsi come punto di riferimento per eventuali fuoriuscite da Forza Italia, il compito gli riuscirebbe meglio se segnasse le sue distanze dalle sinistre.
Renzi insomma vuol tenersi lontano da qualsiasi ipotesi di campo largo, una formula di Enrico Letta che comprenderebbe tutte le opposizioni. Calenda non aspettava altro che questa occasione per ricordare a Renzi che “l’unico campo largo che ha mai visto la luce è stato quello di Pd.M5S.Italia viva, LeU a sostegno del Conte 2, da cui Azione si è tenuta alla larga”. E, come se non bastasse, Calenda ha rincarato la dose ricordando a Renzi che Macron, cui anche l’ex Presidente del Consiglio fa riferimento, ha alzato il salario minimo a 11,52 euro.
Insomma un’altra cordiale stoccatina che sicuramente non resterà senza risposta. Nei prossimi 11 mesi, fino alle lezioni europee, qualcuno dovrà pure convincere Renzi e Calenda a smetterla di punzecchiarsi pubblicamente. Nessuno dei due raggiunge il 4%, soglia di sbarramento per le elezioni del prossimo Parlamento di Strasburgo. E quindi dovranno pure mettersi d’accordo se non vogliono farsi del male a vicenda ed evitare che il Terzo Polo divenga un pollaio.