sabato, 16 Novembre, 2024
Lavoro

Confindustria: salari, crescita invariata. Le differenze tra Italia ed Europa 

Il tema salari torna in primo piano nell’agenda delle imprese. A fare una sintesi tra salari, produttività e sviluppo è la Confindustria con uno studio dal titolo: “Salari e produttività del lavoro nel manifatturiero”, che prende esame un arco di tempo dal  2000 e il 2020. In questi venti anni nel manifatturiero italiano i salari reali sono cresciuti del 24,3%, pressoché in linea con la variazione cumulata della produttività del lavoro (22,6%).

Crescita dei salari

“La crescita dei salari reali è stata simile a quella registrata in Francia e superiore a quella di Germania e Spagna”, osserva la Confindustria, “Ma in questi paesi la produttività del lavoro è cresciuta ben più che in Italia (il doppio in Germania). Ciò implica una netta perdita di competitività per il nostro manifatturiero”. La Confederazione analizza nel dettaglio e sottolinea:

“La debole dinamica comparata della produttività, a fronte di guadagni salariali in linea o talvolta più ampi che altrove, ha comportato l’erosione della quota di valore aggiunto che va a remunerazione del capitale. Il rapporto tra Margine Operativo Lordo (Mol) e valore aggiunto nel manifatturiero italiano partiva nel 2000 sopra quello medio nell’Eurozona, ma dal 2004 è stabilmente sotto, con un divario pari a 3,6 punti nel 2020”.

L’erosione degli stipendi

Un cambio si è avvertito negli ultimi anni, precisamente nel biennio 2021-2022 quando “l’aumento dei prezzi ha eroso i salari reali mentre la produttività ha sostanzialmente tenuto”, sottolinea Confindustria, “Nei prossimi anni i salari sono previsti recuperare potere di acquisto in virtù del meccanismo contrattuale che spalma su più anni gli effetti di fiammate inflazionistiche”.

Il divario Italia-Europa

Nello stesso periodo, la distanza tra redditività nel manifatturiero italiano e la media europea si è ampliata. “I margini di profitto nel manifatturiero sono cresciuti nel 2021 e anche nel 2022, mentre in Italia”, fa presente la Confederazione, “hanno registrato una contrazione nel 2022, misurata sia in termini di quota profitti (-3,4 punti il rapporto tra Mol e valore aggiunto), sia in termini reali (-9,2% il Mol reale) sia in termini unitari (-3,7 punti il Mol in rapporto al valore aggiunto reale)”.

La perdita di competitività

Aumenti salariali al di sopra dei guadagni di produttività, annota la Confederazione, per periodi prolungati di tempo implicano necessariamente una perdita di competitività di costo (misurata da un innalzamento del costo del lavoro per unità di prodotto, Clup) e/o un assottigliamento della redditività delle imprese e della remunerazione del capitale, con conseguente impatto negativo sulla dinamica degli investimenti e quindi sulla crescita nel lungo periodo.

“Queste considerazioni”, scrive la Confindustria, “sono a maggior ragione valide per il settore manifatturiero, che è più esposto alla concorrenza internazionale e dove l’accumulazione di capitale è essenziale per la qualità dei prodotti e per la competitività”.

Salari crescita invariata

Tra il 2000 e il 2020 nel manifatturiero italiano i salari reali per ora lavorata sono cresciuti del 24,3%, pressoché in linea con la variazione cumulata della produttività del lavoro (22,6%), scrive Confindustria.

“Guardando all’evoluzione anno per anno, si rilevano alcuni disallineamenti”, puntualizza la Confederazione, “In corrispondenza della frenata dell’attività dei primi anni Duemila e ancor più del crollo nel 2008-2009, la dinamica salariale, sostenuta dai meccanismi contrattuali e dall’attivazione degli ammortizzatori sociali, risulta aver avanzato a ritmi invariati, nonostante l’andamento pro-ciclico della produttività.

Per contro, nella fase espansiva che ha seguito la crisi dei debiti sovrani, si sono registrati più ampi guadagni di produttività, al di sopra degli aumenti salariali. Il disallineamento aveva già iniziato ad assottigliarsi nel 2019 e si è definitivamente chiuso nel 2020”. L’estensione erga omnes della Cig disposta dal Governo, fa presente Confindustria, all’inizio dell’emergenza sanitaria, infatti, ha da un lato sorretto la produttività (le ore lavorate si sono ridotte quasi all’unisono con i livelli di attività) ma ha anche, insieme ai sostegni alle imprese, salvaguardato occupazione e salari.

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