Dare una parte dei fondi Pnrr direttamente alle imprese. È la soluzione proposta dalla Confagricoltura come via di uscita per accelerare la messa in opera del Piano nazionale di ripresa. “Per nessuna amministrazione pubblica”, sottolinea la Confederazione, “sarebbe risultato agevole programmare, spendere e rendicontare nel giro, in pratica, di tre anni una somma pari a quella assegnata all’Italia per il Piano nazionale di ripresa e resilienza”.
Difficoltà conosciute
Per la Confagricoltura le difficoltà erano scontate fin dall’inizio, anche senza considerare il successivo e pesante impatto economico determinato dall’aggressione russa dell’Ucraina. “Ad esempio”, evidenzia la Confederazione, “il rialzo dei tassi di interesse deciso dalla Banca centrale europea per ridurre l’inflazione è stato il più veloce e il più incisivo dal varo della moneta unica.
Spendere tanto per spendere non è la soluzione migliore. Le somme messe a disposizione dall’Unione europea sono pur sempre un debito, sia pure a buon mercato, al netto della quota a fondo perduto”.
I ritardi creano gravi danni
C’è un aspetto che Confagricoltura vuole ricordare, ossia che la finalità del Pnrr è quella di “risolvere, insieme alle riforme, i problemi di fondo che hanno frenato la crescita economica dell’Italia prima della pandemia”. “L’emergenza in Emilia-Romagna ha messo in evidenza”, puntualizza la Confederazione degli agricoltori, “in modo drammatico, i ritardi accumulati nella prevenzione idrogeologica e nella manutenzione del territorio. Ritardi che vanno recuperati una volta per tutte. Le risorse finanziarie ci sono.
Tra le ipotesi allo studio del governo per la revisione del Pnrr c’è anche quella che prevede l’assegnazione di una parte dei fondi disponibili direttamente alle imprese, per incentivare gli investimenti necessari nell’ottica delle transizioni ecologica ed energetica”.
Rischio di non avere fondi
È un’ipotesi che, secondo Confagricoltura, dovrebbe essere sostenuta con determinazione nel confronto con la Commissione europea, anche perché “l’Italia”, osserva la Confederazione, “non potrà ricorrere agli ingenti aiuti di Stato già annunciati dai governi di altri Stati membri, grazie alla flessibilità concessa dall’Esecutivo della Ue. Il ripristino l’anno prossimo del Patto di stabilità e crescita, sia pure modificato, ridurrà ulteriormente la capacità di spesa pubblica dell’Italia”.
Il privato può farcela
Il sistema delle imprese a giudizio della Confederazione, “ha dimostrato di saper utilizzare al meglio gli incentivi diretti, ben finalizzati e con limitati oneri burocratici”. “La misura “Agricoltura 4.0”, voluta da Confagricoltura, è stata un successo, con un volume di investimenti per la sostenibilità e l’innovazione di oltre due miliardi di euro nel 2022”, ricorda la Confederazione degli agricoltori, “La vitalità del sistema produttivo italiano è stata confermata dalle recenti previsioni economiche di primavera rese note dalla Commissione.
Nella media dell’anno corrente, la crescita del PIL dovrebbe attestarsi attorno all’1%, con una stima relativa all’Italia superiore, sia pure di poco (1,2%), alla media dell’Unione. Il nostro Paese continua a far meglio di Francia e Germania”.
La crescita è possibile
In conclusione per la Confagricoltura lo spazio di crescita c’è, la possibilità di accelerare le opere anche, si tratta però di superare le indecisioni. “La Commissione ha segnalato che sull’andamento dell’economia continua a pesare una condizione di grande incertezza determinata”, scrive ancora la Confederazione, “prima di tutto, dall’evoluzione dello scenario internazionale. Qualche punto fermo, però, può essere messo. Tutte le crisi finiscono, ma non si ritornerà a quella che era la situazione economica prima della pandemia e della guerra in Ucraina, ai prezzi stabili, ai tassi d’interesse vicini allo zero, alla crescita costante della domanda globale nell’ambito di un sistema multilaterale. Il contesto sarà più sfidante. Pertanto”, conclude la Confagricoltura, “occorre destinare le risorse finanziarie disponibili alle imprese per gli investimenti necessari a far salire ulteriormente la crescita sostenibile delle imprese e l’efficienza delle filiere di produzione”.