venerdì, 15 Novembre, 2024
Economia

Extraprofitti delle banche. Bene il programma del Governo

Non è  sempre vero che il “Palazzo” non ascolti il Paese cosiddetto “reale”, qualche volta – dobbiamo riconoscerlo – pare che il Governo, questo governo di destracentro, abbia raccolto i suggerimenti di chi, come il sottoscritto, va chiedendo da mesi di valutare la possibilità di coinvolgere alcuni settori merceologici, oltre quelli energetici, negli sforzi e nei sacrifici che tutto il popolo italiano sta sopportando.

Il Ministro Giorgetti, infatti, prima in un “question time” alla Camera dei Deputati aveva detto che: “Negli ultimi mesi le banche hanno fatto registrare significativi miglioramenti sul fronte della redditività grazie al miglioramento del margine di interesse (cresciuto del 18,5% nel 2022 secondo Bankitalia, ndr), per effetto di un rapido adeguamento alle decisioni di politica monetaria della Bce, degli interessi sul credito erogato alla clientela, che non sta trovando un altrettanto solerte adeguamento degli interessi riconosciuti alla clientela sulla raccolta”… “Una dinamica, questa, che il Governo non può trascurare e che non trascurerà”.

Anche perché il primo trimestre dell’anno si è chiuso in generale con una forte crescita degli utili per le principali banche europee ed italiane che hanno superato in media del 24% le stime degli analisti e per l’undicesimo trimestre consecutivo i risultati sono stati superiori alle attese. Le prime 30 banche europee infatti hanno realizzato complessivamente nel trimestre profitti lordi per circa 56 miliardi di euro.
Per questo nel recente Ecofin di Bruxelles, Giancarlo Giorgetti è tornato a chiedere alle banche di darsi una sveglia, rivedendo la propria politica sugli interessi dei depositi, che non sembrano oggi risentire dei rialzi dei tassi, derivanti della politica monetaria della BCE che sono trasmessi su mutui e finanziamenti consistentemente, mentre non si sono trasferiti sui conti e sui depositi che in maniera trascurabile, se non addirittura per niente: il tasso medio sui prestiti è del 3,99; il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese è del 4,43% (4,3% il mese precedente), il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni è il 4,03% contro il 4% del mese precedente.

Lo stesso bollettino Abi del mese di aprile conferma quello che andiamo dicendo da mesi e cioè che “il differenziale fra il tasso medio sui prestiti e quello medio sulla raccolta a famiglie e società non finanziarie ad aprile 2023 è pari a 317 punti base (301 nel mese precedente)”. Il che significa che il gap in 12 mesi è quasi raddoppiato.

Nello stesso bollettino si rende noto che: “il totale dei prestiti a residenti in Italia ad aprile 2023 si è collocato a 1.708 miliardi di euro, con una variazione annua pari a -0,6%, contro -0,4% nel mese precedente”. Ed i prestiti a famiglie e società non finanziarie sono pari a 1.317 miliardi di euro con una variazione annua nulla e in calo rispetto alla dinamica del mese precedente (+0,4%)”.

“Il tasso di variazione dei prestiti alle imprese non finanziarie è risultato pari a -1% (-0,5% nel mese precedente, -5,9% rispetto a novembre 2013) l’aspettativa è che anche i prestiti alle famiglie, oltre che alle imprese, subiscano una frenata.

Era dal gennaio 2016 che non si registrava una variazione cosi negativa. Chi scrive lo sta sostenendo almeno da 10 mesi, subendo anche diverse censure da parte di importanti quotidiani, che si sono fatti intimorire da qualche precisazione/rettifica da parte della associazione di rappresentanza degli istituti di credito, che ora però non osano chiedere rettifiche e precisazioni alle varie trasmissioni televisive, che stanno sparando a zero contro questo comportamento sicuramente non troppo etico e solidale delle nostre maggiori banche. Finalmente l’Idea che si sta facendo strada al MEF (Ministero dell’Economia e delle finanze) è quella di un prelievo straordinario, che nasce dalla costatazione che gli istituti di credito stanno realizzando utili rilevanti, e spesso ingiustificati, grazie al rialzo dei tassi d’interesse avviato dalla Banca centrale europea, per contrastare l’inflazione è che proprio pochi giorni fa è arrivato  al  3 e 75 per cento.

In più di un articolo di tanti mesi fa avevo fatto presente che in altri Paesi alcuni governi avevano deciso di tassare gli extraprofitti non solo dei grandi gruppo energetici, ma proprio delle banche, per finanziare i sostegni alle famiglie ed alle imprese. E l’esempio più illuminante arrivava dalla Spagna, dove dal luglio dello scorso anno  fu proposta una tassa non sugli utili delle banche, ma addirittura sui ricavi derivanti proprio da commissioni e spese imposte ai cittadini, peraltro dà applicarsi solo agli istituti di credito con un fatturato superiore agli 800 milioni di euro per non penalizzare le piccole banche. E non avevamo voluto ricordare l’Ungheria per non essere tacciati di simpatia per quell’Orban, che proprio nei giorni scorsi ha ricevuto da Papa Francesco i complimenti per le sue politiche a sostegno ed a favore della famiglia.

La strada da seguire – avevo sostenuto- potrebbe essere proprio quella: convincere le banche ad eliminare le commissioni sulle piccole operazioni commerciali ed a cominciare a retribuire le giacenze nei conti correnti e nei depositi.

Nel 2022 i sei colossi del sistema creditizio italiano quotati in Borsa non hanno subito alcun rallentamento in termini di ricavi e di utili dalla crisi economica generale, anzi hanno visto incrementi di diverse centinaia di milioni netti di euro. I colossi come Unicredit,  San Paolo, Bpm, Bper e le maggiori banche dalle commissioni di tenuta conto hanno ricavato più di un miliardo di euro cosi come dagli interessi non corrisposti.
A questo si aggiungono le tante operazioni di buyback che le banche hanno realizzato nell’ultimo anno e la distribuzione massiccia di dividendi agli azionisti. E poi, tanto per fare un altro esempio, Unicredit eserciterà in anticipo, al 3 giugno, l’opzione di rimborso integrale (call) delle obbligazioni At1 emesse nel 2017 e pari a 1,25 miliardi di euro. Ciò significa che la Bce così conferma la solidità di piazza Gae Aulenti, avendo già dato il via libera a 3,34 miliardi di buyback e a un dividendo di 1,9 miliardi.

Il quadro complessivo che ne deriva è quello di un Paese a due velocità, nel quale le famiglie e le PMI vengono prosciugate anche negli incassi modesti e vengono “mazzolati” sulle spese fisse, mentre le grandi realtà creditizie macinano utili sempre maggiori.

Le famiglie fanno sacrifici con un carrello della spesa sempre più pesante e con bollette di luce, gas ed acqua sempre più alte, mentre banche ed investitori portano a casa dividendi sempre più consistenti. Ed è su questa linea grigia e delicatissima che il governo Meloni sta pensando di operare con scelte politiche in grado di tenere insieme i due Paesi; i consumi con il credito; i piccoli risparmiatori con gli investitori azionisti; le famiglie le imprese con le banche italiane.

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