Fa troppo caldo. Fa troppo freddo. Oggi arriva una bomba d’acqua in Emilia-Romagna. Domani la siccità in Toscana. Si stacca un pezzo di ghiacciaio delle Dolomiti venete. Spinto dalla forza della corrente cede un pilone e crolla un altro ponte in Calabria. Sono le notizie che, se allargassimo lo sguardo anche a tutto il mondo, ci sommergerebbero quotidianamente. Il sito Reliefweb dell’Onu, ad esempio, ci aggiorna in tempo reale sui disastri ambientali. Ogni mese se ne verificano di devastanti di cui poco o niente si racconta.
Tutte queste notizie, dette e omesse, ci spaventano e fanno sembrare il mondo un posto sempre più minaccioso. Ma allo stesso tempo ci permettono di intervenire e soccorrere sempre con più tempestività ed efficacia. La tecnica ci sta dando molte soluzioni, che richiedono coraggio per attuarle ma anche rinunce a stili di vita con troppi sprechi.
Le catastrofi naturali si verificano e fa male dover registrare anche un solo decesso. Ma dobbiamo anche raccontarci che il numero di morti provocate da questo tipo di eventi è più che dimezzato nell’ultimo secolo; oggi è “solo” il 25 per cento di cento anni fa. E nel frattempo la popolazione mondiale è aumentata di circa 5 miliardi. In definitiva le vittime, oggi, di disastri naturali sono circa il 6 per cento del dato di cent’anni fa. È un buon progresso.
D’altro canto è pur vero che l’anno scorso oltre 32 milioni di persone hanno dovuto spostarsi all’interno del proprio paese a causa di inondazioni, siccità o tifoni e oltre 28 milioni si sono dovuti spostare per conflitti e guerre. Si tratta dello 0,76 per cento dell’intera popolazione mondiale.
È facile concludere che il problema ora siamo noi umani. Ma non è così, la soluzione richiede un impegno costante e la sfida, come dice Papa Francesco, è Integrale, tocca tutte le sfere delle nostre relazioni: la Cura della Terra, dove la nostra relazione con la Natura attende nuovi equilibri, nuovi impegni e nuove rinunce; la Cura di noi stessi e dell’altro, dove dobbiamo chiederci quali sono le necessità vere per vivere e qual è l’economia realmente sostenibile perché tutti possano esserci per il bene comune reale.
È tempo di agire sempre con più incisività e coraggio per ripristinare e migliorare le condizioni ambientali e evitare gli esodi ambientali, che in Italia sono quasi impossibili se si escludono poche aree montane oggi disabitate.
Papa Francesco nell’encliclica Laudato Si’, ci esorta a renderci conto, sempre di più che le crisi ambientali e le crisi sociali sono due facce della stessa medaglia.
Abbiamo quindi il dovere di tutelare l’Ambiente per tutelare l’uomo. Lo scorso anno l’abbiamo scritto anche nella nostra Costituzione, articoli 9 e 41, il dovere di tutelare l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. Non solo, abbiamo anche specificato espressamente la tutela degli animali. Forse la nostra prima, prossima, sfida è quella culturale: dobbiamo imparare a vedere il mondo, e noi nel mondo, con occhi più amichevoli.
L’umanità, come sempre, è di fronte a grandi sfide. Quella ambientale è l’ultima in ordine di tempo, e stiamo vivendo una transizione ecologica che ha bisogno di essere capita. Credo che per affrontare la sfida che attende l’umanità sia necessario parlare prima di tutto ai cuori che ai cervelli. Va creato un rapporto gioioso e fraterno con la Natura e servono parabole, racconti, esempi che aprano alla bellezza del creato e alla conservazione. L’interconnessione tra conoscenza e sapienza della Vita è parte integrante della sfida. I decisori mondiali, finora, hanno dimostrato di non essere in grado di affrontare su scala globale la crisi ecologica che caratterizza la breve epoca geologica di Antropocene. Credo non per indisponibilità di dati o big-data, ma perché non hanno saputo o potuto “interconnettere” questi stessi dati o anche soltanto le stime.
I “limiti dello sviluppo” sono datati 1972. Ma, da allora, lo sviluppo è continuato e le risorse non sono finite. Il Sole, o “fratello Sole” in un’ora produce l’intera energia che l’umanità utilizza in un anno. Dunque perché ci sarebbero limiti se il Creato non ha limiti?
Ci sono limiti perché è l’”uomo” ad essere limitato. È l’uomo che muore non il Pianeta.
Siamo al cospetto di uno dei nodi più grandi che l’Umanità dovrà sciogliere: non si può salvare il Pianeta sacrificando l’Umanità, ma non si può salvare l’Umanità sacrificando il Pianeta.
L’Ecologia Integrale è proprio questo: una consapevolezza diffusa che si può vivere in un mondo migliore, fatto a misura d’uomo. Dove tutto è interconnesso. In Italia ora le priorità sono chiare, una Penisola immersa in un mare ‘caldo’, soggetta a vortici climatici improvvisi e a momenti di siccità. Si deve proteggere la storia delle nostre città con una attenzione manutentiva agli alvei fluviali, una presenza di casse di espansione pronte a ricevere quantità d’acqua improvvisa e a risparmiare nel consumo in periodi di carestia. E dobbiamo fidarci del Sole, fonte di energia unica e senza prezzo. Possiamo creare un’ecologia integrale dove l’interconnessione delle comunità energetiche rinnovabili (CER) ci unisca nell’affrontare questa sfida che, anche grazie alle CER, parte proprio dalla casa in cui viviamo.