lunedì, 23 Dicembre, 2024
Lavoro

Confagricoltura: no al salario minimo, rischio ribassi di stipendi e meno tutele per i lavoratori

“No all’introduzione di un salario minimo per legge”. È la posizione perentoria della Confagricoltura che è intervenuta all’audizione della Commissione XI (Lavoro pubblico e privato) della Camera. La motivazione della Confederazione è in linea con quella delle altre Associazioni di categoria. La contrattazione collettiva, che in Italia ha una copertura più ampia degli altri Paesi Ue, per la Confederazione offre già sufficienti tutele per i lavoratori, proprio con l’applicazione delle retribuzioni minime previste dai diversi contratti.

Effetto a catena al ribasso

“Applicare un salario minimo superiore a quello previsto dalla contrattazione collettiva”, ha fatto presente la Confagricoltura, “avrebbe un effetto a catena difficilmente controllabile, dai costi non quantificabili per le imprese, che versano già in gravi situazioni di difficoltà a causa dei ridotti margini tra prezzi dei prodotti agricoli, spesso decrescenti, e costi di produzione sempre in rialzo”.

Sì inventiva il minimo legale

La Confagricoltura segnala inoltre che le imprese potrebbero uscire dalle associazioni firmatarie di Contratto collettivo nazionale “per applicare solamente il minimo legale anche ai lavoratori inquadrati nei livelli superiori, depotenziando funzione e ruolo delle Organizzazioni datoriali e sindacali di rappresentanza che li sottoscrivono”. Un passaggio che “indebolisce così efficacia e copertura della contrattazione collettiva”.

Rinnovo di contratti a rischio

C’è un altro pericolo che la Confederazione indica, “il salario minimo potrebbe disincentivare la stipula e i rinnovi di questi contratti in presenza di una retribuzione già fissata e adeguata automaticamente per legge, con effetti sul trattamento economico complessivo: mensilità aggiuntive, maggiorazioni, welfare bilaterale, che proprio i Ccnl garantiscono in aggiunta alla retribuzione minima”.

Rischio minimi retributivi

Confagricoltura inoltre mette in evidenza anche gli effetti sull’occupazione e segnala: “minimi retributivi elevati e rigidità nominali potrebbero addirittura contribuire a far aumentare il tasso di disoccupazione strutturale in Italia, far crescere il lavoro irregolare e incrementare il lavoro precario. Infine, l’adeguamento automatico e periodico delle retribuzioni fissate sulla base di indicatori Istat potrebbe innescare una sorta di nuova “scala mobile” con fenomeni inflattivi difficilmente controllabili e dai potenziali effetti negativi sull’intera economia”.

“Miglioriamo i salari”

Infine l’appello lanciato al Governo, ai sindacati e forze politiche. “Migliorare le condizioni retributive minime per tutte le categorie di lavoratori è possibile solo rafforzando la contrattazione collettiva”, sottolinea Confagricoltura, “i contratti stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali più rappresentative vanno estesi – individuando meccanismi coerenti coi nostri principi costituzionali – anche ai settori affini non coperti, per evitare zone d’ombra discriminatorie e condizioni di dumping sociale”.

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