La disinformazione è la diffusione intenzionale di informazioni false con l’intento di promuovere un obiettivo politico. L’Africa è sempre più spesso l’obiettivo di tali campagne. La Russia, in particolare, ha aperto la strada a un modello di disinformazione finalizzato ad ottenere un’influenza politica in tutto il Continente.
Negli ultimi anni, dozzine di campagne attentamente progettate hanno pompato milioni di post intenzionalmente falsi e fuorvianti nei social dell’Africa. La conseguente difficoltà di distinguere i fatti reali dalle mistificazioni ha avuto un effetto corrosivo sulla fiducia sociale, sul pensiero critico e sulla capacità dei cittadini di impegnarsi in politica in modo equo, attaccando, quindi, la linfa vitale del vivere democratico.
La Russia è stata il principale creatore di campagne di disinformazione in Africa con almeno 16 operazioni note nel Continente. Attingendo a un’eredità che risale a Stalin, le tattiche mirate di disinformazione in Africa sono state adattate alla strategia militare russa della cosiddetta “guerra ibrida”. Questa strategia amplifica le proteste e sfrutta le divisioni all’interno del Paese preso di mira, favorendo la frammentazione e l’inoperosità, il tutto offrendo agli autori una plausibile negabilità. L’obiettivo spesso è quello di confondere i cittadini, creando false equivalenze tra attori politici democratici e non democratici, provocando disillusione e apatia.
Le campagne di disinformazione russe sono dirette verso un obiettivo politico preciso. Solitamente, comportano il sostegno di un regime africano isolato, per legarlo a Mosca.
Yevgeny Prigozhin, l’oligarca russo a capo del famigerato Gruppo Wagner, ha attuato campagne di disinformazione in ogni Paese africano in cui i suoi mercenari hanno operato. Oltre a supportare il ruolo della Russia nel Continente africano, queste campagne sono antidemocratiche, anti-occidentali e anti-ONU.
Nel corso del tempo, le campagne di disinformazione in Africa sono diventate sempre più sofisticate per camuffarne le origini, esternalizzando le operazioni di pubblicazione a influencer locali “in franchising” a cui vengono forniti contenuti da una fonte centrale. Questa strategia sta rendendo sempre più difficile rilevare e rimuovere tali insidiose campagne di disinformazione. Quelle identificate sono, quindi, solo una minima parte di quelle che prendono di mira il Continente africano.
I social media hanno faticato a contenere l’impatto di queste campagne e a rimuovere i loro contenuti prima che raggiungessero gli utenti della rete.
Individuare campagne di disinformazione sempre più sofisticate richiede tempo e impegno. Tuttavia, quando queste campagne sono state realizzate in Africa, le piattaforme dei social media sono state riluttanti ad investire nell’attività di moderazione dei contenuti africani per frenare la disinformazione in tempo reale.
Facebook ha recentemente rifiutato di rimuovere le campagne relative al Sahel, nonostante abbiano tutti i tratti distintivi della disinformazione russa, con conseguente disappunto di vari analisti ed esperti del settore.
La Russia sta attivamente sfruttando siti come Facebook, Twitter, Telegram e TikTok per distorcere intenzionalmente l’ambiente informativo. Invariabilmente, lo fa per portare avanti un obiettivo antidemocratico. La disinformazione ha lo scopo di minare la sovranità popolare in Africa.
Anche seminare sfiducia e minare la verità è intrinsecamente destabilizzante, un fenomeno che probabilmente si espanderà ulteriormente fino a quando non ci saranno maggiori sforzi per combatterlo.