Per la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali Marina Elvira Calderone, c’è una priorità: “Un milione di posti di lavoro che non si riescono a coprire”. Richieste che cadono nel vuoto, puntualizza la ministra, che annuncia un disegno “imperativo” per il Governo nel coinvolgere le persone in un circuito occupazionale. A guardare i numeri, tuttavia si assiste a un paradosso. I cittadini privi di un lavoro in Italia sono oltre 2 milioni, con punte drammatiche nel Centro-Sud. Ma restano senza risposta 1 milione di offerte di lavoro. Un disequilibrio che preoccupa, su cui il Governo promette di intervenire.
Coinvolgere imprese e sindacati
“Oggi abbiamo un milione di posti di lavoro che non riusciamo a coprire, mentre abbiamo tante persone che sono fuori dal circuito lavorativo, quindi dall’impegno attivo nel mondo del lavoro”, spiega Marina Elvira Calderone, che lancia un progetto che suscita l’attenzione delle Confederazioni del commercio, dell’Agricoltura dell’Artigianato, e alla piccola industria. “Guardo con grande interesse a una stagione di protagonismo dei corpi intermedi nello Stato. Credo che si debba tornare a un forte protagonismo delle associazioni datoriali e delle associazioni sindacali”, propone il ministro che tuttavia pone un paletto. “Prima di guardare al bisogno di cittadini che vengono da altri Paesi”, scandisce davanti alla platea di Confcommercio, “noi abbiamo come imperativo quello di far lavorare i tanti italiani che non lavorano”.
Italiani, migranti e posti vuoti
I buoni propositi, tuttavia, cadono in un contesto dove le contraddizioni sono stridenti. La invocazioni di copertura dei posti “vacanti” arrivano da ogni parte con i ripetuti allarmi del turismo e dell’agricoltura, settori oggi in forte carenza di manodopera. Per avere personale, si chiede di allargare le quote di ingresso per gli immigrati. Tema oggi terreno di scontro politico. “Le ultime scelte fatte dal Governo in tema di immigrazione”, precisa Calderone, “parlano di immigrazione qualificata e di formazione nei luoghi di provenienza. Dalle imprese viene anche questo tipo di istanza. Una formazione preventiva per chi viene in Italia a dare il suo contributo”.
I 70 mila giovani da assumere
Il problema della formazione resta, non è un caso il decreto del Governo proposto dal ministero del Lavoro, che crea una corsia preferenziale per i giovani che non studiano e non lavorano, che in Italia sono 3 milioni. Il maxi piano di assunzioni riguarda i ragazzi sotto i 30 anni, con uno sgravio del 60% per il datore di lavoro. Il progetto punta alla assunzione di circa 70 mila ragazzi che potranno percepire una retribuzione media mensile di circa 1.300 euro. Ma dovranno impegnarsi anche in attività di formazione.
Professionalità addio Alle imprese però serve manodopera specializzata, capace di entrare nelle attività con professionalità. Situazione oggi lontana da essere compiuta. “Il lavoro è centrale nella vita di tutte le persone. È necessario accompagnare al lavoro tante persone che in questo momento non ce l’hanno”, fa presente Marina Elvira Calderone, “pur in una condizione in cui ci sono tanti posti disponibili e lavoratori che non si trovano. Allora insieme alle politiche attive c’è il tema della formazione delle lavoratrici e lavoratori”, ammette il ministro, “che devono essere avviati a lavori che ci sono e non a lavori che non ci sono o che sono pensati rispetto a logiche del passato”.
Più opportunità alle donne
C’è un tema che sta a cuore del ministro e del premier Giorgia Meloni, quello della occupazione delle donne, che devono avere stesse opportunità, garanzie e tutele, e che puntino di più sulla conciliazione dei tempi di vita-lavoro. L’obiettivo annunciato dall’Esecutivo è raggiungere i valori della strategia di Lisbona, che prevede l’occupazione femminile al 60%. “Vorrebbe dire recuperare il 7% del Pil in più”, calcola la ministra. Altra esigenza, quella sollevata dai sindacati, che chiedono uno stop contro il lavoro nero e i contratti pirata. Per Marina Calderone è una necessità, “avere lavoro di qualità, di combattere il lavoro sommerso e quel precariato che non fa crescere la società. Non sono contro il contratto a tempo determinato. La contrattazione”, puntualizza la ministra del lavoro, “deve dire quali sono le esigenze temporanee che devono portare ad un rinnovo dei contratti a termine”.
Terziario vuoto di competenze
Il nodo dei posti vacanti stringe in particolare il settore terziario che rischia di poter intercettare la ripresa.
“In questo settore”, evidenzia il presidente dì Confcommercio Carlo Sangalli, “oggi c’è una vera e propria emergenza rappresentata dalla carenza di personale: solo nella filiera turistica e nel commercio quest’anno, rispetto al 2022, c’è bisogno di circa 560 mila lavoratori in più. E, di questi, il 40 per cento potrebbero essere introvabili soprattutto per mancanza competenze”.
No ai contratti “pirata”
Secondo il rapporto “Terziario, lavoro, economia: per una nuova stagione di crescita”, si è voluta costruire l’idea che gli imprenditori vogliano pagare “poco” e perciò non trovano maestranze, ma per Sangalli questo presupposto non regge sotto il profilo logico. Casomai, come spiega lo studio, potrebbe esserci l’influsso negativo di contratti di dumping, i cosiddetti “contratti pirata”. “Per creare nuova occupazione”, fa presente Sangalli, “servono, prima di tutto, più crescita e produttività”.
Turismo e ristorazione in caduta libera
Ma quanti lavoratori mancherebbero realmente in Italia? “Prendendo solo il settore alloggio e ristorazione”, secondo il rapporto dell’ufficio studi di Confcommercio, “se nel 2023 si osservasse una crescita delle presenze del 15,3 per cento rispetto al 2019 (oltre 500 milioni), avremmo bisogno di 280 mila lavoratori in più rispetto allo scorso anno: circa il doppio se si considera anche l’indotto del comparto”. Le “denunce” degli imprenditori sulle difficoltà di reperimento di lavoratori, afferma il rapporto, appaiono dunque coerenti con le stime Unioncamere-Anpal (40 per cento di 580 mila, pari a 220-230 mila posti di lavoro che non si riuscirebbero a coprire nel 2023.
Agricoltura in tilt senza migranti
La carenza di manodopera e di braccianti immigrati manda in crisi l’agricoltura. A lanciare l’allarme, è il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti. “Mancano 200 mila addetti all’agricoltura in tutto il Paese, con regioni dove già adesso la carenza di manodopera è drammatica e potrebbe compromettere la raccolta e le lavorazioni essenziali di frutta e ortaggi per la stagione”. “L’allarme maggiore”, spiega Giansanti, “arriva da alcune province di Toscana, Marche, Emilia Romagna. Lo diciamo da anni: in campagna c’è bisogno di lavoratori e per noi non c’è distinzione di nazionalità. Ci farebbe piacere assumere cittadini italiani”, precisa Giansanti, “ma non possiamo fare a meno di chi arriva da lontano”. “Oggi non è più l’agricoltura di una volta”, conclude il leader di Confagricoltura, “ci sono aziende strutturate, i contratti di lavoro vengono rispettati, i giovani possono trovare belle soddisfazioni”.