Nonostante gli sforzi della maggioranza e del governo per derubricarne l’importanza ad eventi esclusivamente locali, la settimana politica si conclude nell’attesa per l’esito delle elezioni regionali di domenica in Emilia Romagna e in Calabria.
Particolarmente acceso quello riguardante l’Emilia, dove la Lega e il centro-destra, puntano dopo la conquista di una serie di Comuni, ad una definitiva spallata alla tradizionale fisionomia politica di una regione, finora governata dalle sinistre e, per oltre cinquanta anni, in particolare dal PCI del quale il Pd si pone come il più accreditato degli eredi.
L’esito del voto, stando ai sondaggi, è quanto mai incerto, ma, anche nel caso che lo schieramento che sostiene il presidente uscente prevalesse sul filo di lana, non potrebbe non porre problemi per un Pd che dovrebbe registrare un’ulteriore preoccupante caduta del consenso in una regione simbolo e cuore di un modello di governo indiscusso per quasi mezzo secolo.
È altrettanto evidente che, se il centro-destra prevalesse, Salvini, che non ha lesinato sforzi ed iniziative nella campagna elettorale, ne trarrebbe stimolo a consolidare la sua leader ship nel centro destra; se invece dovesse perdere, rischierebbe di doversi misurare con riserve e critiche finora sottaciute all’interno del suo stesso schieramento.
È indiscutibile che, in termini costituzionali, il governo non avrebbe alcun obbligo di dimettersi come invece fece nel 2000 D’Alema in presenza di risultati meno disastrosi di quelli registrati dal centro-sinistra degli ultimi appuntamenti elettorali, ma è altrettanto evidente che un ulteriore stacco sommato alla crisi strutturale ed identitaria del Movimento cinque stelle porrebbe il problema della tenuta di una maggioranza già divisa su una serie di scelte strategiche: dalla prescrizione nei processi, alle concessioni autostradali, fino alla precaria sopravvivenza di Ilva e Alitalia.
Domani sapremo in termini definitivi come è andata a finire: certo è, purtroppo per l’Italia, che saremo forse costretti ad assistere ad un ulteriore fase di instabilità del nostro sistema politico con un Pd obbligato ad un passaggio delicato, di ripensamento e di definizione della sua strategia, e di un M5S che potrebbe rischiare perfino l’implosione.