Il 18 aprile 1948 ci furono le prime libere elezioni dopo il ventennio fascista. C’era una Italia da ricostruire fisicamente, economicamente e moralmente. Dopo un lungo periodo di dittatura se ne profilava la minaccia di un altro. Il Fronte Popolare costituito dei Comunisti e dai Socialisti era per l’economia collettiva, il partito unico, la soppressione delle libertà e l’alleanza alla Unione Sovietica.
Durante l’ultimo anno del conflitto Togliatti rientrato in Italia aveva partecipato al governo Bonomi come ministro della Giustizia. Partecipare al Governo del Re non era stata una sua scelta ma esistono documenti che provano che sia stata una disposizione di Stalin il quale non voleva difficoltà con gli Anglo-Americani in vista degli accordi di Yalta che una vittoria del Fronte Popolare avrebbero potuto sovvertire.
La lotta fu aspra in tutta l’Italia e anche in Abruzzo ci fu un confronto molto duro. Remo Gaspari era il Segretario Provinciale della Democrazia Cristiana e gran parte dell’onere della campagna elettorale ricadeva sulle sue spalle che erano robuste; doveva però confrontarsi con una situazione in cui il Fronte popolare era prevalente ed in metodi di contrapposizione non tutti ortodossi.
Ed ecco alcuni fatti che mi ha raccontato e che io riporto per rendere comprensibile il clima di quei giorni.
Remo Gaspari doveva recarsi in alcuni paesi della Provincia di Chieti per la campagna elettorale ma un gran numero di simpatizzanti comunisti circondò la casa e armati di taniche di benzina minacciavano di dar fuoco all’edifico. Remo non si chiuse in casa ma in segno di sfida portò una sedio sul marciapiede e vi si sedette con le mani in tasca. “Quello li ha le bombe a mano “-disse qualcuno e la cosa era credibile perché Gaspari era stato ufficiale del VI reggimento bersaglieri in zone di guerra. Alla fine arrivarono i carabinieri e la calma ritornò nel paese di Gissi. Allora erano consentiti i contraddittori ed in quel tipo di comizio Gaspari emergeva perché aveva quelle capacità oratorie tipiche dell’avvocato penalista. Uno di questi contradittori si tenne ad Atessa (CH) a forte maggioranza comunista. Gaspari contro Borrelli abile e stimato membro del Partito Comunista. “Con un confronto di tre ore l’ho distrutto” mi raccontò Remo, e il giorno delle elezioni per la Democrazia Cristiana fu un trionfo. Evidentemente, se convinta, la gente era capace di cambiare opinione.
Gaspari era responsabile della campagna elettorale in provincia di Chieti ma un giorno venne convocato dal Segretario Provinciale di Pescara. Remi –gli disse- devi andare a Penne a fare un contraddittorio con Terracini il quale era uno dei leaders del Partito Comunista, deputato all’Assemblea Costituente e validissimo oratore. Perché non ci mandi uno di Pescara? Io mi occupo di Chieti. Sono tutti impegnati in campagna elettorale-rispose il segretario-ci devi andare tu. I realtà nessuno aveva il coraggio di affrontare Terracini. Remo arriva, sale al balcone della Sezione che era completamente deserta; c’era solo un ragazzino che aveva il compito di regolare l’altoparlante. Io-mi raccontò Remo- non sentivo più di avere un corpo, solo una grande testa—Si affacciò al balcone; in piazza erano presenti solo i comunisti. A mano a mano che il confronto proseguiva i democristiani cominciarono a riempire la piazza e i dirigenti, che all’inizio se la erano squagliata, il balcone. Anche lì in una città difficile ci fu una grande vittoria della Democrazia Cristiana. Ma non erano tutte rose e fiori. Giuseppe Spataro, uno dei fondatori del Partito, doveva tenere un comizio a San salvo. Remo affittò un pullman e lo riempì di vigorosi sostenitori della DC assumendosi il rischio di risarcire i proprietari del pullman se questo fosse stato danneggiato. La piazza era gremita di sostenitori del Fronte Popolare e quando Spataro si affacciò al balcone per prendere la parola grossi sassi cominciarono a volare verso di lui. Quando un masso colpì la ringhiera del balcone producendo una miriade di scintille, Spataro che era un uomo prudente rinunciò al comizio. Remo rimise i suoi sul pullman e si sistemò su tetto del medesimo. Oltre un centinaio di facinorosi si era posizionato su una collinetta che dominava la strada con una gran quantità di pietre. Quando il pullman si avvicinò alla zona dell’agguato Gaspari si alzò in piedi e tirò due bombe a mano al solo scopo di spaventarli. “Dovevi vedere come correvano-mi disse ridendo- sollevarono un gran polverone alla luce della luna”
Questo era il clima di quei giorni, un clima che la grande Vittoria della Democrazia Cristiana pacificò. Da quel 18 aprile iniziò la ricostruzione materiale e morale della nostra Nazione.
un commento
Durante la campagna elettorale, l’on. Remo Gaspari, veniva accompagnato in Lambretta da un fedelissimo sostenitore: Nino Di Marco di Casalanguida. Proprio in questo paese, una sera, lo scontro verbale fu violento. All’altezza del primo ponticello direzione Carpineto/Gissi, dietro Gaspari e alla guida Di Marco, tre facinorosi comunisti spararono alcuni colpi di pistola in direzione dei due che, miracolosamente, non furono colpiti, riuscendo a occultarsi alla vista degli attentatori, conquistando velocemente un curva e la salvezza. Mi risulta che, tanti anni dopo, uno degli attentatori si scusò sinceramente e chiese…un piacere all’on. che, da gentiluomo, lo perdonò e fece in modo di soddisfare la necessità lavorativa del “compagno”.