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Close up of young man hand using smart phone

Foto di bimbi sui social un regalo ai criminali

lunedì, 17 Aprile 2023
1 minuto di lettura
Ma quanto siamo imprudenti su internet? È già noto che la maggior parte delle insidie che provengono dal mondo virtuale abbia origine dalla leggerezza con la quale si utilizzano gli strumenti, magari andando su siti non protetti e sicuri, oppure rispondendo a mail palesemente non attendibili. Ma lo studio pubblicato dalla società europea di pediatria, in coordinamento con quella italiana, lancia un allarme a mio avviso più inquietante. E che si fonda sull’inspiegabile abitudine intrapresa da tanti genitori di pubblicare foto e immagini dei propri figli.

Pare infatti che circa l’80%, dei bambini che vivono in paesi occidentali si ritrovi nel mondo del web prima del compimento del secondo anno di età. In Europa la media è del 73%, mentre in America raggiunge la punta del 92%. Nel nostro paese, il 15 per cento dei genitori pubblica addirittura abitualmente ecografie on-line! Trattasi del fenomeno dello sharenting, ovvero della divulgazione di foto e video riguardanti i propri figli. Anche se lo si fa con intenti innocentemente affettivi, è facile cogliere il pericolo derivante da queste gesta. Innanzitutto, sottolinea lo studio, l’imbarazzo e i riflessi psicologici sul bambino che ne ha la consapevolezza, soprattutto quando diventi un po’ più adulto. Egli non ha dato il consenso, infatti, alla pubblicazione, come prevederebbe la nostra normativa sulla privacy.

 Inoltre, il cyberbullismo  (immaginiamo foto di bambini che non piacciano ad altri o rivelino status fisici non in linea coi modelli purtroppo sempre più mostrati sul web) e, ancora più pericolosamente, la pedopornografia. Un altro studio della E-Safety Commission australiana ha evidenziato come più della metà della materiale presente sui siti porno di minori provenga dai social media. Incrociando i dati con lo studio italiano, si ricaverebbe che il primo strumento di divulgazione resta Facebook, seguito da Instagram e Twitter. Sembrerebbe superfluo tornare a ricordare che la cybersicurezza e la tutela della nostra vita privata dipendono soprattutto da noi. Non manco di ricordare ancora che le forze di polizia sono brave, ma poco possono fare a pubblicazione avvenuta.

Le leggi sono poi ancora deboli, sia in Italia che all’estero: il cammino è ancora lungo. Ma la prudenza e il buon senso devono colmare questo gap istituzionale.

Ranieri Razzante*

Dottore commercialista e Revisore dei conti, Avvocato in Roma.
Consigliere per la Cybersecurity del Sottosegretario alla Difesa.
Docente di “Intermediazione finanziaria e Legislazione antiriciclaggio” nell’Università di Bologna (sede di Forlì), e di “Diritto dell’Economia” presso l’Università di Cassino e del Lazio Meridionale.
Docente titolare altresì di “Legislazione antiriciclaggio e antiterrorismo” presso gli Istituti di Istruzione delle Forze dell’ Ordine.
È stato Consulente della Commissione Parlamentare Antimafia.
Fondatore e Presidente dell’Associazione Italiana Responsabili Antiriciclaggio (AIRA). Dirige il “Centro di Ricerca sulla Sicurezza ed il Terrorismo” (CRST) in Roma.
Opinionista TgCom 24 e Rai su tematiche legate alla Sicurezza e alla Geopolitica.
Direttore delle riviste “Diritto penale della globalizzazione” e “Antiriciclaggio & Compliance”.

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