“Quel giorno Isaac pensava solo a riprendere la palla, volata via mentre giocava con i compagni, mai avrebbe immaginato di essere in pericolo. Ma a pochi passi dalla scuola, l’area non era sicura e Isaac è finito nel
mirino di un cecchino, che gli ha sparato al piede”. È la storia di un bambino Yemenita di 14 anni. Purtroppo, nel mondo sono 449 milioni i bambini che vivono sotto attacco, circondati da pericoli e da orrori
indescrivibili e che nei contesti di guerra sono le vittime più indifese.
Ogni giorno, troppi bambini subiscono le conseguenze dei conflitti che distruggono tutto: case, famiglie e scuole. A ricordarcelo è Save the Children, che alla storia di Isaac affianca quella di Ali, bambino
siriano di 12 anni. Un giorno era al mercato con suo padre quando è stato colpito dai bombardamenti che hanno cambiato per sempre la sua vita. “Mi sono risvegliato in ospedale – racconta Ali – con le voci dei
medici intorno a me. Non sapevo che cosa mi fosse successo. Ho cercato di alzarmi ma non ci sono riuscito. Poi mi sono reso conto che la mia gamba era stata amputata”. Una altra storia tra le mille di infanzia rubata dalla guerra.
Grande preoccupazione per la situazione nello Yemen è stata espressa anche dall’UNHCR, l’Agenzia Onu che dal 1950 è impegnata ad assistere le persone costrette a fuggire dalle proprie case per salvarsi la vita e
per questo titolare di ben due Premi Nobel per la Pace. In quel Paese, scrive l’UNHCR, a pagare le più drammatiche conseguenze di un conflitto originato dalla Primavera araba del 2011 sono proprio le donne e le bambine. Come Hanan, di 15 anni, con una lesione alla spina dorsale.
Prima del conflitto stava ricevendo le cure a Taiz, ma le violenze, la carestia e le epidemie l’hanno costretta a interrompere i trattamenti e a fuggire. Non potendo camminare è stata costretta a trascinarsi per giorni sulle braccia o a essere trasportata in spalla dalla sua famiglia.
La carenza di cibo, di acqua potabile, di servizi igienici e di assistenza sanitaria stanno colpendo decine di migliaia di bambini insieme a massicce epidemie di colera, di difterite e oggi di Covid, oltre al rischio di imbattersi in mine e residuati bellici esplosivi. Lo scorso anno in Yemen 1 bambino è stato ucciso o ferito in media ogni due giorni da mine o altri ordigni esplosivi. Analogo bilancio in Siria dopo 11 anni di guerre: i bambini ancora vivono sotto le bombe e sono costretti ad affrontare condizioni di vita terribili. In 6,5 milioni hanno bisogno di assistenza umanitaria, oltre 2 milioni e mezzo sono ormai fuori dalla scuola e in quasi 800 mila soffrono di malnutrizione.
I conflitti peggiori sono spesso quelli di cui si parla di meno. Dal recente Rapporto “The Forgotten Ones” di Save the Children è emerso che Yemen, Siria, Afghanistan, Somalia e Repubblica Democratica del Congo
sono in cima alla lista dei 10 Paesi più pericolosi in cui essere un bambino. Ciononostante, sono tra i dieci Paesi colpiti dai conflitti peggiori per l’infanzia che hanno ricevuto una copertura mediatica 5
volte inferiore a quella dell’Ucraina. Ed è noto che l’attenzione dei media influenza notevolmente gli stanziamenti dei donatori per gli aiuti umanitari.