Il Pnrr è una questione di interesse nazionale ed europeo non un tema di politica interna su cui allestire i soliti teatrini della politica tra maggioranza e opposizione.
Nel Giugno del 2020 l’Europa ha fatto una scommessa e si è assunta un rischio concedendoci 191,5 miliardi, più di un quarto dei 750 stanziati dal Next generation Eu. La scommessa è che il Paese più colpito dalla pandemia potesse riprendersi rapidamente e tornare ad essere un ganglio vitale dell’economia europea.
Il rischio è che se l’Italia fallisse in questa operazione assesterebbe un colpo gravissimo all’intera Unione e una pietra tombale cadrebbe su qualsiasi idea di “soccorso comune” dell’Europa non solo verso il Bel Paese ma anche verso chiunque si venga a trovare in difficoltà. In pratica il Pnrr è diventato il legame più vitale che unisce i destini dell’Italia e dell’Europa in questa fase storica.
Ci siamo forse dimenticati il clima di disperazione in cui l’Europa assunse quella decisione?
La memoria corta è uno dei danni peggiori dei nostri tempi. È frutto della turbodemocrazia che divora senza assimilare le agende politiche nel volgere di pochi mesi e di un’informazione a base di overdose: quando c’è un evento se ne parla fino alla noia poi tutto precipita nel dimenticatoio.
È bene allora ricordare che il Pnrr è la carta più delicata che è passata nella mani prima del Governo Conte2, poi in quello Draghi, che lo ha dovuto riscrivere a tempi di record ottenendone l’approvazione, e ora è tutto e solo nella responsabilità di Giorgia Meloni il cui Governo -salvo imprevisti- coprirà l’intero arco di attuazione del piano previsto fino a tutto il 2026.
È la priorità delle priorità e dovrebbe essere al centro di uno sforzo comune: la maggioranza ha la responsabilità di realizzarlo l’opposizione ha il compito di stimolare la maggioranza a non distrarsi e a trovare, insieme, soluzioni adeguate per gli eventuali intoppi che si presentano. L’opinione pubblica dovrebbe periodicamente chiamare i Ministri responsabili a dare conto di quello che stanno facendo non a colpi di slogan e tweet che hanno sostituito i tagli dei nastri dei tempi andati. Serve concretezza ed efficienza. Il merito deve essere il metro su cui chi guida il Governo deve giudicare i Ministri che hanno competenza in materia. Anche a costo di emettere pagelle con insufficienze traendone le relative conclusioni.