Lo ha sancito l’ennesimo Tribunale (siamo a 4 o 5 credo, oltre alla Cassazione e alla Dna). Ma le parole della pronuncia di Sassari dovrebbero convincere ogni (residuo e pericoloso) scettico: “lo stato di malattia è esclusiva conseguenza delle determinazione dello stesso detenuto sopra riassunte, quindi nessun differimento, sotto alcuna forma, può essere disposto”.
Malattia auto inferta, dal digiuno. Che se lo facessero tutti i detenuti, addio al codice penale!
Non c’è ovviamente nessuna motivazione giuridica, ma tantomeno logica, sia alla scelta in questione che a quella dei suoi sostenitori. Minacce, insulti, atti vandalici e manifestazioni sediziose.
Non possiamo mica pensare che pochi giudici – che ora sono tanti e importanti – siano tutti o ignoranti di diritto o in malafede? Non dobbiamo nemmeno ancora parlarne troppo, perché lo Stato, attraverso la Costituzione e, appunto, le leggi, ha concesso a Cospito, come si conviene, il diritto di difendersi dalle accuse. Egli, e i suoi legali, non le hanno adeguatamente negate, o motivate al contrario. Ed è solo per questo, si fa per dire, che il detenuto resta al 41-bis. Ribadiscono i tribunali tutti che Cospito è perfettamente in grado di scegliere per sé stesso, e lo ha fatto. E, con un mirabile sillogismo giuridico, nella motivazione dell’ennesimo rigetto da parte del Tribunale di Milano si legge (sintetizzo), che le esigenze cautelari particolari non vengono meno, forse proprio perché la pervicacia nella scelta del digiuno è indice di una lucida consapevolezza ideologica.
Un richiamo accorato, quindi, a chi sta fuori da quel carcere o reparto ospedaliero: nessuno sta torturando il detenuto Cospito. E non provate a convincerci del contrario: lo Stato ha già vinto, converrebbe una pacifica resa.