È possibile costruire rapporti umani la cui solidità superi le singole fragilità, interpretazione di significati, visioni personali? Forse no, forse sì, ma con estremo sforzo e solo come atto di fede. C’è lo dimostra bene lo spettacolo che il teatro Argentina ha offerto al sul pubblico, “Pour un oui ou pour un non”, nato dalla fusione alchemica tra due maestri dalla grande abilità attoriale come Umberto Orsini e Franco Branciaroli, una scrittrice francese tra le più apprezzate del Novecento Nathalie Sarraute, e la regia di una delle personalità indiscusse dello spettacolo, Pier Luigi Pizzi: sono loro la combinazione esplosiva di uno spettacolo a due che gioca con l’ambiguità delle parole, il detto e il non-detto, e con il valore delle sue insidie, attraverso l’incontro di due vecchi amici che si ritrovano dopo una lunga separazione sfidandosi in punta di fioretto, tra provocazioni, malintesi e toni controversi.
Autrice di romanzi, pièce teatrali e saggi sulla scrittura e sul Nouveau Roman, o “anti-romanzo”, Sarraute, che ha occupato un posto nodale nell’alchimia tra teatro dell’assurdo e teatro del quotidiano, mette al centro della scena la forza delle parole in una ragnatela di incomparabile abilità. I principali autori del Nouveau Roman sono: Robbe-Grillet; Claude Simon, Marguerite Duras; Michel Butor; Nathalie Sarraute; Pinget. Non esiste un vero e proprio atto di nascita del Nouveau Roman: è difficile stabilire come abbia avuto inizio.
I modelli cui si ispirano i romanzieri di questo periodo sono: James Joyce, Kafka; Raymond Roussel, Flaubert. Alain Robbe-Grillet trae ispirazione da Sartre e Camus. Questo prova che il Nouveau Roman si inquadra sin dall’inizio come espressione di una crisi, e non solo dei valori romanzeschi tradizionali.
L’espressione che lo designa, tuttavia, vede la sua nascita con la pubblicazione delle “Gomme” di Robbe-Grillet, nel 1953, e con l’attribuzione a questo del premio Fèneon, nel 1954. In seguito l’attenzione si sposta anche sul suo editore, Jèrome Lindon, il padrone delle edizioni de Minuit. Gli autori che si vedevano raggruppati attorno a lui furono considerati come formanti una scuola, tuttavia questi rifiuteranno sempre questo termine così come hanno rifiutato l’etichetta Nouveau Roman.
Appartengono a questo periodo: – i primi romanzi di Robbe-Grillet (Le gomme, 1953; Il voyer, 1955; La gelosia, 1957; Nel labirinto, 1959) – le prime opere di Michel Butor (Passage de Milan, 1959; L’emploi du temps, 1956; La Modification, 1957) – Martereau (1957) e Planetarium (1959) di Nathalie Sarraute. Per tali autori il racconto tradizionale, con tutte le sue regole, è contestato: no alle costruzioni troppo saccenti, no alle descrizioni. È proprio questa struttura narrativa solida, che si configura come un contenitore di enigmi, di misteri non svelati a tenere vive le caratteristiche di questa tipologia narrativa, con lo spettacolo di Orsini e Branciaroli, due amici che si ritrovano dopo un non motivato distacco, si interrogano sulle ragioni della loro separazione e scoprono che sono stati i silenzi tra le parole dette e soprattutto le ambiguità delle “intonazioni” a deformare la loro comunicazione aprendola a significati multipli e variati. Ogni “intonazione” può essere variamente interpretata dalla disposizione d’animo di chi l’ascolta. Questo è il tema centrale di Pour un oui ou pour un non titolo che si può semplicemente tradurre con “Per un sì o per un no” ma che in realtà significa molto di più e che nella nostra lingua ha solo un’apparente valenza speculare. “Per un sì o per un no” è quel nulla che può cambiare tutto, quel nonnulla che provoca lacerazioni profonde, ferite insanabili.
La prima riflessione che sale guardando lo spettacolo pertiene proprio al titolo, “per un sì o per un no”, che vuol rappresentare chi è disposto a fare di tutto per un nonnulla, e già questa mi appare una sofisticata manipolazione del senso, se scaviamo nell’abisso di significato del sì e del no: accoglienza e rifiuto, apertura e chiusura, vita e morte…senza esercitare troppo una drammatizzazione che mi appartiene, a questi due avverbi va riconosciuta la valenza che spazia dal sacro al tragico, non a caso usata a suggello dell’atto matrimoniale. Questa riflessione mi ha accompagnato per tutta la durata dello spettacolo, sostenendo il dipanarsi della scena e mostrando a noi spettatori quanto il nonnulla in realtà può aprirsi nell’animo umano, come uno strappo sull’inarginabile abisso che ci abita. Quante vite sono cambiate per un fraintendimento? Quante strade sono state percorse che non avremmo calcato senza un’apparente divieto ad un bivio?
Il testo è sofisticato ma comprensibilissimo, merito anche delle straordinarie capacità attoriali di due giganti del palcoscenico, che vorremmo non smettere mai di vedere sulla scena: a chi non è capitato di rompere un rapporto di una vita per una esitazione, un’intonazione della voce, una pausa che apre sopiti risentimenti.
La prosa della Sarraute, nella sua complessità, è un banco di prova per due manipolatori della parola quali Franco Branciaroli e Umberto Orsini, che si ritrovano sulla scena dopo tanti anni per dare vita con la loro abilità al terribile gioco al massacro che la commedia prevede. Guida questo gioco la regia di Pier Luigi Pizzi, che ritorna al suo antico amore per la prosa ben noto a chi lo ricorda tra i collaboratori più assidui della Compagnia dei giovani fin dai sui inizi. Il finale sorprende solo i distratti e coloro che non hanno ben guardato dentro i rapporti umani, come l’autricedimostra di saper fare bene e gli attori e la regia di incarnare secondo una sapienza teatrale rara: il tragico è sempre a portata di respiro e ogni sentimento può trasformarsi nel suo contrario o contenerne il germe: quando l’aiuto è autocelebrazione? Le distanze sociali sono davvero sanabili? Chi sale dal basso vuol davvero salire o lavora per la ricaduta, cercando un colpevole fuori di sé? Se uccidi qualcuno stai uccidendo te stesso nell’altro? Ci risponderà la vita, con un sì o con un no.
Pour un oui ou pour un non (di Nathalie Sarraute, con Umberto Orsini e Franco Branciaroli, regia, scene e costumi Pier Luigi Pizzi, foto di Amati Bacciardi, produzione Compagnia Orsini e Teatro de Gli Incamminati), sarà dal 14 al 15 marzo a Pescara, dal 17 al 19 marzo a Barletta, dal 24 al 26 marzo a Lucca, dall’11 al 12 aprile a La Spezia, dal 13 al 16 aprile a Mestre.