domenica, 17 Novembre, 2024
Economia

Confesercenti. Pos: costa 5 mld alle imprese. Confronto col Governo

Un costo che le piccole imprese in particolare quelle del commercio dicono, conti alla mano, di non possono sostenere. Si tratta dell’uso di carte e bancomat costato alle imprese nel 2022 – tra commissioni e costi accessori – almeno 5 miliardi di euro. “Un onere proporzionalmente più gravoso soprattutto per le attività di minori dimensioni che vedono restringersi i margini a causa dei costi delle commissioni”. La stima arriva Confesercenti, in vista del Tavolo tecnico per il taglio delle commissioni sui pagamenti tramite Pos, convocato dal Ministero dell’Economia per venerdì 17 marzo. Un incontro che per le confederazioni del commercio dovrà essere chiarificatore. Carte e conti alla mano cercheranno di dimostrare le difficoltà che hanno le piccole attività nel sobbarcarsi un sovrappiù di costi.
“Il tavolo è l’occasione per mettere finalmente il punto a una questione aperta da oltre dieci anni”, spiega la Confesercenti, “l’obbligo è stato previsto per la prima volta dal Decreto Crescita 2.0 nel 2012, caratterizzati da rinvii, polemiche, provvedimenti contraddittori e promesse mai mantenute”.

Primi in Europa per pos

In più secondo i dati elaborati dalla Confesercenti, in dieci anni in cui la moneta elettronica si è comunque diffusa enormemente: “l’Italia è diventato in questi dieci anni il Paese europeo con il più alto numero di Pos – 3,9 milioni – anche se il numero di operazioni rimane ancora sotto la media. Più alto invece, è l’importo medio delle transazioni – circa 50 euro – un dato che sottolinea come il problema sia soprattutto relativo alle micro-transazioni”.

Il boom di pagamenti

Nel 2022 le transazioni, calcola la Confederazione, con pagamenti digitali hanno raggiunto i 400 miliardi di euro, quasi il 40% del totale speso degli italiani. Nel 2023 sarà il 50%. Un risultato ottenuto con grandi costi a carico degli esercenti. Le indagini della Confesercenti, infatti, evidenziano il peso delle commissioni fino e oltre l’1,4% del transato per le attività minori. “Dove l’incidenza dei pagamenti in moneta elettronica sul totale è in rapida crescita: in alcuni casi, come ad esempio nell’abbigliamento, raggiunge anche l’80% delle vendite”. “I costi delle commissioni sono un problema soprattutto per tabaccherie, gestori carburanti, edicole e tutte le altre attività caratterizzate da piccoli margini sul venduto”, fa presente la Confesercenti.

Risolvere il problema

Ora, dopo tutto questo tempo passato tra discussioni e controversie, gli esercenti si attendono finalmente una soluzione al problema. “L’obiettivo dichiarato del tavolo, infatti, è la riduzione dei costi della moneta di plastica per i circa 2,5 milioni di piccole attività con meno di 400mila euro di fatturato annuo”, rivela la Confederazione, “La speranza è che non si proceda a un semplice restyling dei provvedimenti attuali – il credito di imposta previsto ora è insufficiente – ma che si arrivi ad una vera riforma che favorisca la diffusione delle transazioni elettroniche attraverso una distribuzione più equa dei costi. Per raggiungere questo risultato, però, è necessario che il governo svolga un ruolo attivo, non di semplice garante”.

Obbligo calato dall’alto

“Una maggiore diffusione della moneta elettronica favorirebbe la modernizzazione del sistema economico del paese, un obiettivo che Confesercenti condivide”, sottolinea la confederazione che puntualizza.
“Ottenerlo con un obbligo calato dall’alto crea però una distorsione a sfavore degli esercenti: per questo i provvedimenti di questo tipo sono solitamente accompagnati da agevolazioni, non solo da sanzioni”, infine la Confesercenti ribadisce la sua intenzione. “Al tavolo proporremo di costituire un osservatorio per rendere finalmente chiari i costi attuali della moneta elettronica”, evidenzia la Confederazione, “Ma anche di rendere gratuite le transazioni sotto i 30 euro per le attività sotto i 400mila euro di fatturato annuo, aiutarle a dotarsi di dispositivi contactless e di predisporre un nuovo più ampio credito di imposta, della durata di tre anni, su tutte le transazioni”.

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