Continuano le proteste ed i disordini in Iran. Le manifestazioni, iniziate il 16 settembre dopo la morte della 22enne Mahsa Amini, arrestata dalla polizia morale del Paese, si sono trasformate in una delle più serie sfide alla teocrazia iraniana dalla rivoluzione islamica del 1979.
Nelle regioni curde occidentali dell’Iran, i video online, condivisi dall’Organizzazione Hengaw per i diritti umani, mostrano blocchi stradali in fiamme a Sanandaj, una città teatro di ripetute manifestazioni dalla morte di Amini.
L’Organizzazione Hengaw ha condiviso un video che includeva voci alterate digitalmente che gridavano: “Morte al dittatore!”, prendendo di mira l’83enne leader supremo dell’Iran, l’Ayatollah Al Khamenei. I media statali iraniani hanno censurato le manifestazioni dalle loro emittenti.
Dati degli attivisti per i diritti umani segnalano circa 529 le persone uccise da quando sono iniziati i disordini. Oltre 19.700 sono stati arrestati dalle autorità, frutto di una violenta repressione nel tentativo di sopprimere il dissenso. L’Iran per mesi non ha fornito cifre complessive sulle vittime, anche se il governo verosimilmente ammette di aver effettuato “decine di migliaia” di arresti.
Le manifestazioni sono, in parte, rallentate nelle ultime settimane, probabilmente a causa delle esecuzioni e della repressione. Tuttavia, durante la notte, in alcune città, si sentono ancora sentire grida di protesta.
Le commemorazioni per le vittime sono comuni in Iran e in gran parte del Medio Oriente. Le autorità e i manifestanti temono una escalation di scontri tra un popolo sempre più disilluso e forze di sicurezza che ricorrono a una maggiore violenza per sopprimerli. Proprio come accadde nel caos che portò alla rivoluzione iraniana del 1979.