La musica ricercata di György Ligeti fu particolarmente amata da Stanley Kubrick, stiamo parlando, del resto, di uno dei compositori più grandi del XX secolo. Ligeti, ungherese, nato nel 1923 e morto nel 2006, non è solo il compositore di alcune musiche presenti in “2001 Odissea nello spazio”, “Shining”, “Eyes Wide Shut”, che il grande pubblico ha potuto conoscere e amare, ma è uno dei più fulgidi esempi del potere salvifico dell’arte, che sopravvive e sostiene dall’interno, anche quando si passa attraverso il più inumano dei setacci concepiti dall’orrore fatto potere: l’Olocausto. Viene deportato ad Auschwitz con tutta la sua famiglia e si salverà soltanto lui e sua madre; questo evento fa di lui non soltanto un sopravvissuto, ma un animo sempre in tensione, sempre in ricerca di un altrove a cui approdare, tipico di chi, per sopravvivere, deve costruire a mani nude un’ipotesi di speranza che poggia sul futuro quando il presente si fa tenebra.
Nel 1949 si diploma a Budapest, ma a causa della repressione della rivolta ungherese attuata dall’esercito sovietico è costretto a fuggire a piedi in Austria, insieme a sua moglie Vera. Basti pensare alla censura che la raccolta di pezzi pianistici chiamata “Musica Ricercata” (rivisitata dallo stesso autore nel periodo di maggior successo), un insieme di Ligeti che comprende in totale undici pezzi (Il primo usa quasi esclusivamente una nota, il la, ascoltato in molteplici ottave.
Solo veramente alla fine del brano si sente una seconda nota, il re. Il secondo brano aggiunge poi una terza nota a queste due, il terzo pezzo ne aggiunge una quarta, e così via, cosicché nell’undicesimo brano sono presenti tutte e dodici le note della scala cromatica).
Già in questo primo livello della sua carriera, Ligeti venne colpito dal regime comunista presente in Ungheria in quel periodo. Il decimo pezzo di Musica Ricercata fu censurato dalle autorità a causa del suo stile “decadente”. Sembra che fosse di conseguenza tacciato per il suo uso generoso degli intervalli di seconda minore. Il Concert romanesc (1951), perfettamente tonale, costituito da temi in parte ripresi dal folclore rumeno e in parte scritti dallo stesso Ligeti sulla falsariga della musica popolare, venne bandito dalle autorità perché conteneva una modulazione non rispondente ai canoni del “realismo socialista” e quindi vietata: in un accordo di Fa maggiore era infatti contenuto un Fa bemolle, creando così una dissonanza non gradita al regime, il quale proibì l’esecuzione del pezzo. Data la direzione molto più radicale nella quale Ligeti voleva portare la sua musica, non è sorprendente che sentisse la necessità di lasciare l’Ungheria e raggiungere l’Austria.
Qui conosce Boulez e Stockhausen, i maggiori rappresentanti del tempo della musica contemporanea e europea, entrando così in contatto con la musica sperimentale e elettroacustica, che gli fornirà ampia ispirazione.
Tra i suoi capolavori vanno ricordate le composizioni degli anni ’60, “Atmospheres” (composta per grande orchestra e richiede un organico di 89 elementi), “Lontano per orchestra”, “Requiem” e “Lux Aeterna”, in cui è centrale il pensiero della morte. Anche se di religione ebraica l’autore è attratto dalle suggestioni figurative che fornisce il testo latino. La continuità caratteristica della musica di Ligeti in quest’opera svanisce cedendo il posto a sezioni differenti e ad un tessuto musicale che appare assai lacerato. La morte è vissuta come scandalo cui è possibile opporre il più assoluto giudizio di inaccettabilità.
La Fondazione Musica per Roma, con il sostegno del Ministero della Cultura – Direzione Generale Spettacolo, ha presenta il 15 gennaio nella Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone uno straordinario omaggio a questo compositore, attraverso l’esecuzione eccellente dell’Ensemble Intercontemporain di quattro concerti di Ligeti, che rappresentano le diverse fasi creative dell’artista.
Ciascuno dei suoi quattro concerti è emblematico del periodo in cui è stato scritto. Il “Concerto per violoncello” (1966), basato su una micropolifonia che evoca l’agitazione iridescente di una nuvola sonora, mette in discussione il solista di fronte alla massa. Quattro anni dopo, il “Kammerkonzert” (1970) esplora il principio della micropolifonia fino al limite, poco prima che Ligeti abbandonasse questo radicalismo per interessarsi nuovamente alla melodia. Composto quasi vent’anni dopo, il “Concerto per piano” presenta piuttosto un caleidoscopio ritmico: Ligeti si ispira ai poliritmi africani e alle geometrie frattali. Infine nel “Concerto per violino” del 1990-92, concilia la sua scrittura con un certo lirismo romantico sempre pieno di grazia, sempre immerso in un contesto sonoro “defamiliarizzato” dall’armonia microtonale.
L’Ensemble Intercontemporain, creato da Pierre Boulez nel 1976 con il supporto di Michel Guy (allora Segretario di Stato per la Cultura) e la collaborazione di Nicholas Snowman, si dedica alla musica dal XX secolo ad oggi. I 31 musicisti solisti che lo compongono sono posti sotto la direzione del direttore d’orchestra e compositore Pierre Bleuse che è subentrato recentemente al posto di Matthias Pintscher. Uniti dalla stessa passione per la creazione, partecipano all’esplorazione di nuovi territori musicali al fianco di compositori, ai quali ogni anno vengono ordinati nuovi lavori. Questo percorso creativo si nutre di invenzioni e incontri con altre forme di espressione artistica: danza, teatro, video, arti visive.
Fonte foto: © Fondazione Musica per Roma