mercoledì, 20 Novembre, 2024
Esteri

L’Austria non ha fretta di sostenere l’Ucraina

Alla fine dello scorso anno, anche in Austria è stato condotto un sondaggio “Eurobarometro” per valutare in che misura l’opinione pubblica sostenesse gli aiuti all’Ucraina ed approvasse le sanzioni contro il Cremlino.

I risultati sono stati positivi, sebbene di misura. Il 60% degli austriaci sostiene gli aiuti all’Ucraina, mentre solo il 57% approva le sanzioni contro Mosca. Si tratta di uno dei tassi più bassi dell’Unione europea, se si considera che il livello medio di sostegno all’Ucraina nell’UE è del 74%.

L’Austria aiuta i rifugiati ucraini. Da marzo alla fine del 2022, circa 90mila di loro sono stati registrati nel Paese. Comparato con il dato di altri Paesi dell’Europa centrale, non è molto. La vicina Repubblica Ceca, per esempio, che per dimensioni e popolazione è assai simile ai valori dell’Austria, ne ha ricevuti più di 400mila nello stesso periodo.

Nei sondaggi politici, insieme ai socialdemocratici, è in testa il Partito della libertà austriaco populista di destra (FPÖ): con circa il 30% di preferenze. In passato, l’FPÖ si è “distinto” per aver intrattenuto contatti piuttosto stretti con il Cremlino. Lo scorso autunno, il Partito della Libertà ha persino chiesto un referendum sulle sanzioni contro la Russia, accusando il governo di violare il principio di neutralità coinvolgendo l’Austria in una “guerra economica”. “Famiglie, lavoratori, imprenditori, pensionati e giovani sono costretti a pagare per la frenesia sanzionatoria dell’Ue e del governo, e allo stesso tempo non viene nemmeno chiesto loro se sono pronti a farlo”, ha detto il leader del partito Herbert Kickl.

Vienna non fornisce alcuna assistenza tecnico-militare a Kiev, sostenendo di essere un Paese neutrale. In questo, l’Austria è molto diversa dalla Svezia e dalla Finlandia, che fino a poco tempo fa erano anch’essi su posizioni neutrali, ma che dopo l’invasione russa dell’Ucraina, hanno chiesto di entrare nella NATO.

Nel contesto della politica neutrale di Vienna, la visita del cancelliere austriaco Karl Nehammer a Mosca lo scorso anno non ha provocato proteste nel Paese. Dopo l’incontro con Putin, Nehammer ha detto ai giornalisti di non aver raccolto una buona impressione dai colloqui, osservando che “Putin è fermamente deciso a risolvere la questione del Donbass”, nonostante le sanzioni. Era aprile, da allora la situazione sia al fronte in Ucraina che nella politica mondiale è cambiata notevolmente, ma è emblematico che Nehammer rimanga l’unico leader di un Paese dell’UE che ha visitato Mosca dopo l’inizio dell’invasione.

Il fatto che il sostegno pubblico all’Ucraina e alle sanzioni anti-Cremlino in Austria sia più debole che nella maggior parte degli altri paesi dell’UE, è probabilmente una conseguenza dell’impegno per la neutralità.

Su questo argomento, il politologo Anton Shekhovtsov, direttore del Centro analitico viennese per l’integrità democratica, ha recentemente detto: “Nel 1945 l’Austria – che faceva parte del Terzo Reich nel 1938-1945 – era, come la Germania, divisa in zone di occupazione da parte di URSS, USA, Gran Bretagna e Francia. Quando nel 1955 l’Unione Sovietica acconsentì alla proposta delle potenze occidentali di porre fine all’occupazione postbellica dell’Austria, ciò venne fatto in cambio del cosiddetto ‘principio della neutralità militare’ del Paese, introdotto nella costituzione austriaca.  Facendo una sottile forzatura, si potrebbe dire che la moderna nazione austriaca, per la quale il principio di neutralità è molto importante, è stata ‘creata’ con il consenso dell’Unione Sovietica.

Essere ricchi e neutrali è diventata una sorta di idea nazionale austriaca. L’Austria è pronta a fornire assistenza a chi ne ha bisogno, ma solo senza oltrepassare quella immaginaria ‘sottile linea rossa’ di non voler irritare i propri amici. Più correttamente, non si può parlare di ‘amici’, ma di soci in affari”.

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