Lo sciopero dei benzinai resta. Il blocco dei rifornimenti scatterà su rete ordinaria e autostradale dalle 19 del 24 gennaio 2023 alle 7 del 27 gennaio 2023. Ma i gestori che aderiscono alla Fegica per “limitare ogni disagio per i cittadini-consumatori”, annunciano di ridurre da 60 a 48 ore, le ore di sciopero. Mentre potrebbero restare aperti, gli impianti self gestiti direttamente dalle compagnie petrolifere. Resiste inoltre un filo di trattativa, come scrivono le sigle sindacali: “fino all’ultimo momento”.
Profondamente delusi
Fallita la mediazione ieri i sindacati si sono dichiarati “Profondamente delusi”, dal Governo e dalle posizioni che rimangono “troppo distanti”. Non è comunque escluso che la vertenza possa avere una svolta. La Federazione Figisc, polemizza ma nel contempo spiega: “Per il Governo la nostra è una categoria da mettere sotto osservazione con un cartello, come nel Medioevo, ma fino all’ultimo momento siamo disponibili a vedere se troviamo margini di manovra”.
Terzo confronto, fumata nera
La fine della trattativa è arrivata appena dopo un’ora del faccia a faccia del terzo confronto al Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Il problema rimasto irrisolto è l’effetto che il “Decreto trasparenza”, ha sui gestori e sulla pubblicazione giornaliera dei prezzi del carburante. Ministero e Governo confermano la linea dura. Rimangono gli obblighi imposti ai gestori delle pompe di benzina. Ossia l’esporre, insieme ai listini, anche il prezzo medio regionale calcolato dal Mimit. Eppure ieri il ministro Adolfo Urso aveva proposto una revisione delle sanzioni. “L’obbligo di comunicazione dei prezzi della benzina sarà settimanale e non giornaliero, e ad ogni variazione del prezzo”, ad esempio, inoltre, “La chiusura per omessa comunicazione avverrà solo dopo 4 omissioni nell’arco di 60 giorni – e non più dopo tre senza limiti temporali anche non consecutivi -. L’eventuale chiusura potrà essere decisa da 1 a 30 giorni – prima la previsione era da 7 a 90 giorni -. Le sanzioni per omessa comunicazione saranno da un minimo di 200 a un massimo di 800 a seconda del fatturato dell’impianto, prima raggiungevano i 6000 euro”. Anche questo alleggerimento non ha convinto i sindacati, che invece chiedono la fine della “ondata di fango” verso la loro categoria e severi controlli su quella parte di rete “criminale” di distribuzione che sfugge alle regole e al fisco.
Fino all’ultimo minuto
Dopo l’incontro le sigle Faib, Fegica e Figisc-Anisa, hanno lasciato il ministero senza rilasciare dichiarazioni. Poi, a dimostrazione dell’unità delle Federazioni, (non tutte erano per la linea dura) è stata organizzata una conferenza stampa congiunta.
“Siamo disponibili a trovare una quadra, ma ora non si riesce”, puntualizzano i gestori, che ricordano, “nell’incontro di martedì infatti si era parlato di una app, o di un QR Code che sostituisse l’obbligo di esporre il cartello con il prezzo medio regionale, sancito dal “Decreto trasparenza”. “Sono profondamente deluso, ci aspettavamo ben altro” per revocare lo sciopero, afferma il presidente nazionale di Figisc Confcommercio, Bruno Bearzi. “C’è stato uno sforzo per ridurre le sanzioni ma rimane l’obbligo del cartello”, riconosce Bearzi, così “il messaggio che rimane è che siamo una categoria da tenere sotto controllo perché speculiamo”. “Lo sciopero è confermato”, aggiunge, ma “fino all’ultimo momento siamo disponibili a vedere se troviamo margini di manovra”.
Restano i cartelli dei listini
Il Governo ha raccolto l’indicazione dei sindacati, “ma la App, prevista dal decreto attuativo del provvedimento, non sostituisce l’obbligo di esporre il cartello”, raccontano con disappunto le Associazioni. Una posizione suggellata dal ministro Adolfo Urso, che riferiscono le sigle sindacali, “ha deciso di posporre l’emanazione del decreto ministeriale che definirà le modalità di comunicazione e di esposizione dei prezzi, entro 10 giorni dalla conversione del decreto legge”, e quindi per il momento non ci sono alternative all’esposizione dei prezzi. Posizione che ha decretato per la crisi delle trattative.
Dall’ottimismo alla rottura
I miglioramenti attesi da Faib, Fegica e Figisc-Anisa si sono capovolti in nuove restrizioni.
“Dall’incontro non sono arrivati elementi migliorativi, anzi semmai sono peggiorate le condizioni”, spiega la Fegica. Tranciante la dichiarazione della Figisc: “Il tavolo ha confermato che per il Governo la nostra è una categoria da mettere sotto osservazione con un cartello, come nel Medioevo”. Ancora secondo la Figisc Confcommercio, “il messaggio che resta è che siamo una categoria da tenere sotto controllo perché speculiamo”.
Sciopero sì, ma ridotto
Rotte le trattative si va verso l’organizzazione dello sciopero, con una novità che pare essere un segnale di attenzione verso gli automobilisti. Lo spiega in un documento la Commissione di Garanzia per lo sciopero nei pubblici servizi essenziali, che “al fine di limitare i disagi a cui, inevitabilmente, andrebbero incontro i cittadini utenti, a fronte di una prolungata chiusura dei distributori di carburante sulla rete ordinaria e autostradale” la Commissione invita le Associazioni: Faib Confesercenti, Fegica e Figisc/Anisa; “a valutare l’opportunità di ridurre la durata complessiva della chiusura degli impianti”. La Federazione Fegica prende atto “con soddisfazione”, della dichiarazione di legittimità, riferita alla proclamazione di sciopero ricevuta dalla Commissione di Garanzia, in più “con senso di responsabilità e con la volontà di limitare ogni disagio per i cittadini-consumatori”, annuncia formalmente di ridurre da 60 a 48 ore la durata dello sciopero già proclamato. Al momento, quindi, l’iniziativa di sciopero è compresa tra le ore 19 del 24 gennaio, alle ore 19 del 26 gennaio 2023. “La nota di Fegica”, infatti precisa, “che lo sciopero inizierà alle 19 del 24 gennaio e non finirà più, come invece era previsto, alle 7 del mattino del 27 gennaio”.