mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Esteri

Iran. Il regime dell’orrore

Kahmenei accusa occidente di maltrattare le donne mentre fa scempio dei suoi figli. Ragazzi condannati a doppia morte.

Minacce, perversione e condanne a doppia morte: questa è la posizione del regime iraniano rispetto alla mobilitazione internazionale per mettere fine all’orrore travestito da legge. Ferma condanna e ammonimento a interrompere immediatamente le esecuzioni, così i nostri vertici di Stato si sono appena espressi sulla questione iraniana parole chiare e decise, ma si dovrà presto passare ai fatti, perché in Iran non c’è orecchio teso, né ascolto, né pietà.

La realtà che si profila nelle relazioni internazionali e sulla pelle dei cittadini, dei ragazzi iraniani, è degna di un metaverso dell’orrore, solo che tutto quel che sta accadendo è vero; è vero che i vertici di regime rimbalzano, come in un diabolico ping-pong, ogni accusa e minacciano ritorsioni contro chi cerca ancora di restituire verità e significato a parole e azioni. Kahmenei, in un incontro in occasione della festa della mamma, attua una persuasione degna di un manuale psichiatrico di narcisismo maligno e psicotico; la legge del ribaltamento, della perversione del senso e del significato delle cose, i chiarimenti equivoci come nella logica a spirale del male ecco in sintesi il discorso dell’ayatollah: l’occidente è ipocrita e fa soffrire le donne negando diritti e parità. Eppure i diritti non sono ancora un’opinione, eppure, dove c’è dolore inferto c’è ancora abuso e violenza. Eppure non riuscirete a trasformare il male in bene e viceversa.

 

Un diciottenne arrestato durante le proteste a livello nazionale in Iran è stato condannato a doppia morte con l’accusa di “guerra contro Dio” e “corruzione sulla terra”. L’agenzia di stampa statunitense per gli attivisti per i diritti umani HRANA ha riferito lunedì che Mehdi (Shayan) Mohammadifard, arrestato nella città settentrionale di Nowshahr il 2 ottobre, ha ricevuto due condanne a morte emesse da un tribunale rivoluzionario. È stato anche condannato a sette anni di servizio penale con l’accusa di “insulto al Leader Supremo”, “agito contro la sicurezza della contea”, nonché “propaganda contro l’istituzione”, ha aggiunto che questo prigioniero politico è stato privato del diritto di avere un avvocato e, in assenza del procuratore prescelto, il tribunale lo ha accusato di “aver diretto e pianificato” la manifestazione di protesta del 21 settembre a Noshahr.

L’Iran cammina sul sangue sparso dei suoi figli innocenti e le guide supreme, che di supremo hanno solo la loro orrida follia, replicano al mondo le loro convinzioni, con gli esiti, ultimi, che elenco di seguito. Mentre Taraneh Alidosti, attrice di fama internazionale, viene temporaneamente rilasciata sotto cauzione dopo 18 giorni di arresto per aver sostenuto sui social le proteste, scorrono ovunque le immagini di Mehdi Zare Ashkzari, lo studente iraniano che aveva studiato farmacia a Bologna e che era rientrato in Iran per assistere la madre malata. Mehdi aveva pubblicato un video su Instagram, prima di essere arrestato, in cui mostrava, invocando l’ambasciatore d’Italia, i segni delle percosse ricevute dalla polizia durante una manifestazione. Così l’infame fanteria del demonio, ha pensato bene di finire il suo lavoro, arrestandolo e rilasciandolo in cima, a cui è seguita morte dopo 20 giorni.

Una fonte informata vicina alla famiglia di Mohammadifard ha affermato che “tutte le confessioni dell’imputato durante l’interrogatorio sono state ottenute sotto costrizione, gli unici documenti a suo carico, che hanno portato alla condanna a morte, sono le confessioni forzate ottenute durante l’interrogatorio, oltre a un filmato attribuito a Mehdi, in cui non è affatto chiaro il volto della persona” ha aggiunto la fonte. Martedì infine, Arshia Takdastan, 18 anni, arrestata a Nowshahr, è stata condannata a morte da un tribunale rivoluzionario nella città settentrionale di Sari, nella provincia di Mazandaran. Le accuse che hanno portato alla condanna a morte sono “inimicizia con Dio” e “corruzione sulla terra”, entrambi vaghi principi della legge islamica che il regime utilizza per emettere condanne a morte. Alcuni religiosi hanno contestato il governo per aver usato queste accuse contro i dissidenti. Il tribunale ha emesso il suo verdetto sulla base dell’accusa di aver lanciato una bottiglia e un sasso contro un’auto della polizia. E siccome il regime non tollera nessuna insubordinazione degli atleti che dovrebbero rappresentare il paese, ecco cosa fa, in un’altra indagine farsa per creare un esempio che faccia scoraggiare le intemperanze atletiche.

La Repubblica islamica, infatti, ha incastrato diversi atleti iraniani dicendo che stavano pianificando un attentato terroristico in un caso pieno di osservazioni contraddittorie da parte dei funzionari. Gli organi di sicurezza hanno arrestato almeno cinque atleti – tutti originari della città di Shiraz – con l’accusa di essere coinvolti in un complotto di “bombardamento”, che gli agenti della Repubblica islamica sostengono di aver sventato. I maestri di snowboard Dena Sheibani e Arsalan Mahdavi, l’istruttore di arrampicata Hesam Mousavi, l’ex mountain biker della nazionale Eshragh (Eshraq) Najafabadi e l’alpinista Mohammad Khiveh sono i cinque arrestati con l’accusa di aver pianificato l’attentato. Come è la nuova normalità per le detenzioni in Iran, le autorità hanno anche estorto loro confessioni sotto costrizione, nonostante non ci sia prova alcuna né della determinazione di esplosivi, né sia stato chiarito il luogo dell’ipotetico attentato.

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