Questa legge di Bilancio dice poco o nulla su quella che sarà la vera strategia economica di Giorgia Meloni e del suo Governo. Tempi strettissimi, margini finanziari ancora più risicati, impegni di spesa forzati per contenere i danni degli alti costi dell’energia. Tutto ciò ha messo tali e tanti paletti al Governo da costringerlo a produrre un provvedimento che non presenta scelte strategiche di lungo periodo.
In Aprile il Governo dovrà predisporre il DEF, documento di economia e finanza. E solo allora potrà illustrare al Parlamento e al Paese qual è la sua visione di lungo periodo per la politica economica, finanziaria e sociale. Da qui alla primavera molta acqua passerà sotto i ponti. Innanzitutto bisognerà vedere se e come si abbasserà la febbre dell’inflazione. È il tema cruciale.
L’inflazione, soprattutto per effetto della politica monetaria della Banca Centrale Europea, dovrebbe cominciare a scendere e attestarsi in prospettiva ben al di sotto del 10%. Se si riuscirà ad evitare la rincorsa salari-prezzi, spirale pericolosissima perché genera l’inflazione galoppante, sarà già un buon risultato. Poi bisognerà vedere se la stretta monetaria sarà gestita con oculatezza da Lagarde, per evitare che scateni una nefasta recessione.
L’Italia ha recuperato ampiamente le perdite della pandemia ed è cresciuta più di Francia, Germania e Spagna. Merito degli imprenditori che hanno accorciato le filiere della supply chain, che hanno sfruttato al massimo l’elasticità della nostra struttura industriale e che hanno saputo reagire al crollo del 2020 rimboccandosi le maniche senza contare troppo sui sussidi pubblici.
Merito anche del Pnrr che sta facendo entrare nelle casse dello Stato decine di miliardi che dovranno generare investimenti e innescare l’effetto moltiplicatore sul reddito e l’occupazione.
Se ad Aprile i fondamentali della nostra economia saranno ancora accettabili il Governo dovrà predisporre una strategia per la crescita che poco o nulla dovrebbe concedere alla difesa di interessi corporativi. La sacrosanta voglia di tutelare l’italianità, di difendere e sostenere le imprese che rappresentano i “campioni” nazionali dovranno tradursi in una politica economica che non potrà essere condizionata da corporazioni e “arciconfraternite del potere” (come le definiva Guido Carli) che è facile sostenere dall’opposizione ma diventa irresponsabile assecondare quando si governa. La legge annuale sulla concorrenza sarà il primo vero banco di prova per Giorgia Meloni che ha dimostrato, finora, saggezza ed equilibrio resistendo a chi nella maggioranza chiedeva interventi che avrebbero sfasciato i conti dello Stato.
Il vero esame comincia dopo il 31 Dicembre.