Il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti e i tecnici del Mef sono alle prese con la messa a punto di una riforma previdenziale che soddisfi tutti. Il piano è ambizioso, prevede di trovare la via meno costosa per le casse dello Stato, accogliere le richieste dei sindacati su flessibilità in uscita, infine, garantire alle imprese le competenze professionali necessarie per il loro ciclo produttivo. Su quest’ultima questione si è innescata
un’emergenza: le aziende non trovano nuovi tecnici e operai specializzati in grado di sopperire alla uscita delle maestranze in età pensionabile. Non è un dettaglio ma il dato di una crisi del lavoro e di
percorsi formativi carenti. Troppo lavoro discontinuo e a singhiozzo, secondo i sindacati, frenano il processo formativo.
Incentivi a chi rimane
Il ministro Giorgetti lavora quindi alla ipotesi di un sistema che sia flessibile in uscita: 62-63 anni con un numero di anni di contributi congrui da definire, (con la ex Fornero gli anni erano 67 e 38 di contributi). Nel contempo c’è una novità che può rappresentare una svolta o un compromesso accettabile. Chi vorrà potrà rimanere al lavoro con incentivi in busta paga. Il lavoratore che decide di continuare a restare occupato avrà il vantaggio (e con lui il datore di lavoro) che smettono di versare i contributi mentre una parte di quelle somme andrebbero in busta paga come aumento netto di stipendio. In altri versi l’impresa ha un calo del costo del lavoro lordo mentre il dipendente, oltre che a rimanere attivo, avrebbe una busta paga più alta. Il
lavoratore ha la possibilità di avere il calcolo della pensione già al momento in cui ha scelto l’opzione di rimanere. La proposta sarà presentata ai sindacati a stretto giro perché la riforma delle previdenza deve essere fatta entro dicembre.
Il rischio equilibrio dei costi
Il piano Giorgetti deve tener conto dell’aspetto più delicato della riforma, la sostenibilità dei conti. Le previsioni di una Nazione che invecchia spingono le stime previdenziali verso l’alto. Ai costi attuali entro il 2025 la spesa pensionistica, secondo gli analisti, salirebbe di 58 miliardi, in percentuale del 19%. Una crescita molto più rapida dell’economia e, soprattutto, più di un gettito fiscale che invece diminuisce. Un peso ulteriore che grava sul disequilibrio tra forza lavoro, gettito e pensionati.
La riforma deve guardare al futuro per questo, nei paradossi del sistema italiano, il nuovo Governo dovrà da un lato arginare l’emorragia di competenze e professionalità dal lavoro, valga per tutti la fuga dei medici dal servizio pubblico sanitario, dall’altra trovare la possibilità di ridurre l’età pensionabile non sforando i conti. Una manovra fatta su un crinale scivoloso e ogni mossa comporterebbe rischi.
Non ultimi quelli politici o di una bocciatura da Bruxelles che proprio sulle pensioni chiede un riallineamento del sistema previdenziale italiano a quello europeo.
La proposta di Confindustria
In queste ore a scendere in campo è anche Confindustria che chiede al Governo di fare “interventi importanti per il mercato del lavoro, innanzitutto il taglio del cuneo fiscale”. L’ipotesi è stata presentata dal presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, al Forum della Piccola Industria. Per mettere i soldi nelle tasche degli italiani, ha indicato i leader degli industriali, “bisogna tagliare le tasse. Credo che in un Paese che spende oltre mille miliardi di euro possa riconfigurare il 4%-5% di spesa, quindi vuol dire 40-50 miliardi, e avere le risorse per fare questo intervento”.
Dopo il 2023 ripresa forte
Per gli industriali l’anno critico sarà il 2023, ma nel contempo è possibile individuare una forte ripresa. “Se questo governo avrà la capacità di mettere insieme quei provvedimenti necessari”, ha ipotizzato Bonomi, “a scavallare il 2023 che sarà un anno complicato credo che ripartiremo in maniera molto forte. Noi abbiamo un gap fiscale con alcuni altri Paesi Ue ben chiaro”. “Sia sul tema delle imposte che sui contributi previdenziali”, ha concluso il presidente di Confindustria, “Chiediamo da tempo un taglio del cuneo, è lì che bisogna intervenire”.