L’economia cinese rallenta e quella italiana tiene nei volumi di export. La Confartigianato rende noto le previsioni del Fondo monetario internazionale di ottobre che cifrano la crescita della Cina al 3,2%, in
linea con quella dell’Italia. “Escludendo l’anno della pandemia (+2,2%), per trovare una crescita dell’economia cinese di questo basso livello bisogna tornare al 1990 (+3,9%)”, osserva la Confartigianato.
La frenata della Cina
Nelle previsioni del Fmi, puntualizza la Confederazione, “la crescita cinese rimane contenuta anche nel successivo triennio: +4,4% nel 2023, +4,5% nel 2024 e +4,6% nel 2025”.
“La frenata dell’economia cinese, già evidente in primavera”, segnala la Confartigianato, “si è accentuata per le conseguenze dei severi e prolungati lockdown in importanti centri manifatturieri, l’andamento
sfavorevole del settore immobiliare e gli effetti del razionamento dell’energia elettrica in alcune province causato dall’eccesso di domanda elettrica conseguente ad ondate di caldo e siccità”.
Dall’Italia più export in Cina
Il Paese, ricorda la Confartigianato, è il quarto paese dell’Ue per export verso la Cina, dietro a Germania, Francia e Paesi bassi. “Secondo gli ultimi dati disponibili, a settembre 2022 il valore delle esportazioni italiane verso la Cina aumenta dell’11,9% su base annua”, spiega la Confederazione, “dinamica più che dimezzata rispetto al +26,9% delle vendite del made in Italy nei paesi extra Ue e segnando un
rallentamento rispetto al +18,5% di luglio e al +17,4% di agosto. Nel complesso dei primi nove mesi del 2022 la crescita dell’export in Cina scende a +3,7%, decisamente contenuta rispetto al +20,4% delle vendite
extra Ue”.
Chi va meglio e chi va peggio
In chiave settoriale, la debole crescita nominale delle esportazioni è sostenuta dai prodotti chimici (+37,2%), mezzi di trasporto (+18,1%) moda (+17,4%), mentre scendono le vendite di macchinari e apparecchi (-15,3%) e prodotti alimentari, bevande (-24,2%).
La corsa dei territori
Sui territori, nel primo semestre del 2022, a fonte di un calo medio tendenziale del 2% dell’export manifatturiero verso la Cina, “tra le maggiori cinque regioni, in cui si concentra l’84,1% dell’export sul
mercato cinese”, evidenzia la Confartigianato, “si registra un maggiore dinamismo in Veneto con un aumento del +3,5%, seguito dalla Lombardia con +1,7% e Piemonte con +1,5%. Si tratta di variazioni nominali
contenute, che non danno uno spunto positivo in termini di volumi: va considerato, infatti, che nel primo semestre del 2022 i prezzi all’esportazione sui mercati extra Eurozona sono mediamente saliti del
10,7% su base annua”.
Regioni chi scende chi sale
Tra le altre maggiori regioni, segna un calo contenuto l’Emilia-Romagna con -0,9% mentre la flessione si amplia per la Toscana, arrivando a -20,2%.
Tra le prime dieci province per valore esportato si registra una crescita a doppia cifra per Modena con +47,3%, Firenze con +30,4%, Vicenza con +20,8%, Roma con +14,3% e Milano con +11,8%; in territorio
negativo Bologna con -0,3%, Bergamo con -2,9%, Monza e della Brianza con -5,0%, Varese con -9,6% e Torino con -15,3%.
Le performance delle Province
Tra le altre dieci maggiori province, illustra ma Confartigianato, si osserva un forte aumento per Novara con +187,3%, seguito da Vercelli con +18,5%, Lecco con +15,8%, Piacenza con +3,2% e Genova con +2,2. In
flessione, più contenuta, Padova con -4,3%, mentre il calo è a doppia cifra per Treviso con -14,9%, Reggio nell’Emilia con -19,3% Brescia con -26,7% e Parma con -39,6%.