giovedì, 21 Novembre, 2024
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Sbarchi differenziati, opposizione all’attacco. Persone, regole e tragedie

Gli sbarchi differenziati non risolvono il problema ma sicuramente forzano l’Europa a non rinviare più la revisione delle regole comunitarie inadeguate a fronteggiare il dramma dei migranti. Le norme della navigazione internazionale confliggono con il Regolamento di Dublino. La legge del mare obbliga a salvare persone che rischiano di morire tra le onde e a farle sbarcare il prima possibile in un porto sicuro. Il Regolamento di Dublino obbliga lo Stato di primo approdo a gestire la domanda di asilo. E lo Stato di primo approdo è proprio quello a cui appartiene la nave che ha effettuato il salvataggio. Quindi il Paese dove avviene lo sbarco è il secondo approdo e non ha alcun obbligo a farsi carico dei migranti, salvo che per le emergenze sanitarie e alimentari.
La nuova linea giuridica cui si ispira il Governo scatena la dura reazione delle opposizioni e fa scattare la prima vera frizione con l’Europa.

Mettendo insieme le regole del mare e il Regolamento di Dublino succederebbe questo.

Una nave di una Ong, supponiamo tedesca, salva migranti nelle acque internazionali non lontano dalla Sicilia. I migranti portati a bordo della nave tedesca sono così sul territorio della Germania. Ma devono essere sbarcati il prima possibile in un porto sicuro vicino. Lo sbarco avviene in un porto italiano, ma poi, espletate le prime formalità, controllati dal punto di vista sanitario e muniti del cibo e di ciò che serve per affrontare un nuovo viaggio, i migranti dovrebbero ripartire alla volta della Germania, nelle modalità che il Governo tedesco stabilirà.

Come si vede non è proprio così lineare e semplice. Scegliendo la strada degli sbarchi differenziati si possono creare problemi umanitari non indifferenti: una famiglia potrebbe essere sembrata con il padre e i figli maggiorenni obbligati a restare sulla nave mentre la madre e i figli piccoli che sbarcano per ricevere assistenza. È evidente che tutto questo non è né accettabile né gestibile. Lavarsene le mani come finora ha fatto l’Europa non ha senso. Speculare politicamente su queste tragedie per guadagnare voti è irresponsabile. Alimentare sentimenti di odio verso i migranti irregolari è criminale. È ora di agire una volta per tutte. Ben sapendo che non ci sono soluzioni miracolose a questo problema. L’ideale sarebbe creare a spese dell’Europa centri di accoglienza nei Paesi di provenienza ma gestiti con criteri civili e non come avviene in Libia. In questi centri si vaglierebbero le varie richieste accogliendo quelle di chi fugge da guerre e regimi violenti e gestendo i migranti economici in base alle effettive opportunità di lavoro che i Paesi europei possono offrire. In questo modo finirebbe il traffico di esseri umani, i migranti sarebbero regolarmente imbarcati su voli o navi in tutta sicurezza e ogni Paese dovrebbe fare la sua parte. È una soluzione che costa molto meno di quanto si spende adesso e che sarebbe all’altezza della civiltà europea. Il Governo italiano potrebbe farsi promotore di questa soluzione.

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